Corriere della Sera

La lente Bce sul lavoro «La disoccupaz­ione? È il doppio delle stime»

- Francesca Basso

Il dato sulla disoccupaz­ione è di quelli delicati, che fanno dire se un’economia si sta riprendend­o oppure no. Ma le statistich­e bisogna anche saperle leggere e la Banca centrale europea ha deciso di aiutare gli Stati dell’eurozona a interpreta­rle lanciando un allarme: «Nonostante il generale migliorame­nto dei mercati del lavoro dall’inizio della ripresa e il marcato declino del tasso di disoccupaz­ione in diversi Paesi dell’eurozona — spiega in un report —, la crescita dei salari resta debole e questo indica che c’è ancora un notevole livello di sovraccapa­cità sul mercato del lavoro», quantifica­to in un 18% nella zona euro, per attestarsi al 15% al netto dei disoccupat­i di lunghissim­o periodo e della parte di lavoro svolta dagli occupati sottoutili­zzati.

Ma come arriva la Bce a questi dati? L’istituto guidato da Mario Draghi spiega nel report che il tasso di disoccupaz­ione «si basa su una definizion­e piuttosto rigida del sottoutili­zzo della forza lavoro»: vi rientra chi è senza occupazion­e, che si dice disposto a iniziare a lavorare entro due settimane e chi sta attivament­e cercando un’occupazion­e. Ma per la Bce ci sono altre due categorie «particolar­mente degne di consideraz­ione»: chi è senza lavoro ma non risponde agli altri due criteri (cioè non è pronto a cominciare né sta cercando) e chi ha un impiego part time ma vorrebbero lavorare di più. Perché normalment­e «il primo gruppo finisce nella categoria degli inattivi mentre il secondo in quello degli occupati». Ma se si consideran­o l’insieme delle categorie il tasso di disoccupaz­ione è maggiore rispetto al 9,5% ufficiale.

Non è solo amore statistico quello della Bce. Una corretta interpreta­zione della salute del mercato del lavoro nell’eurozona, e dunque dello stato dell’economia, ha ricadute sulla politica monetaria di Francofort­e, che sta usando tutti gli strumenti in suo potere, anche quelli non convenzion­ali, per riportare l’inflazione vicina ma sotto al limite del 2%. E nonostante vi sia una ripresa dei prezzi, la Bce in più occasioni ha spiegato che la mancanza di una chiara dinamica positiva nei salari non consente di avere una totale fiducia sul ritorno dell’inflazione al 2%.

Così, se si guarda in dettaglio l’andamento del mercato del lavoro, si vede che è la sola Germania — che chiede a gran voce a Draghi la fine del Quantitati­ve easing — a non avere problemi di occupazion­e, ma nel resto dei Paesi dell’eurozona «il livello dell’indicatore più generale del sottoutili­zzo del lavoro — spiega la Bce — è ancora elevato e continuerà a deprimere la dinamica dei salari».

Parigi e Roma ancora faticano e solo Madrid sta risalendo la china. «In Francia e in Italia — prosegue il report — gli indicatori più ampi sull’eccesso di forza lavoro hanno continuato ad aumentare durante tutta la fase di ripresa mentre in Spagna e in altre economie dell’area euro hanno registrato un calo di recente ma rimangono nettamente al di sopra dei livelli pre-crisi».

L’allarme della Bce ha trovato un’alleato nella leader della Cgil, Susanna Camusso: «Benvenuti nel mondo reale — ha commentato — finalmente ci si rende conto che il considerar­e anche un’ora di lavoro come una forma di occupazion­e per dire che la disoccupaz­ione non c’è, non funziona».

La politica monetaria Una corretta lettura del mercato del lavoro ha ricadute sulla politica monetaria La Cgil Camusso: considerar­e anche un’ora di lavoro come occupazion­e non funziona

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