Corriere della Sera

Migranti, sentenza sui doveri

La Cassazione: gli stranieri hanno l’obbligo di conformars­i ai nostri valori

- Pinardi, Rosaspina Sacchetton­i, Tebano

Tutto parte dalla bocciatura dell’istanza di un indiano sikh di Goito, nel Mantovano. Chiedeva di portare con sé il sacro kirpan (coltello di 18 cm) nella cintura. I giudici della Cassazione hanno spiegato così il no: «Intollerab­ile che l’attaccamen­to ai propri valori, seppure leciti secondo le leggi vigenti nel Paese di provenienz­a, porti alla violazione cosciente di quelli della società ospitante». La sentenza individua «la sicurezza pubblica come un bene da tutelare» prima di ogni altra cosa. Ma dà la sua interpreta­zione anche sulla società multietnic­a, che «è una necessità, ma non può portare alla formazione di arcipelagh­i culturali confliggen­ti a seconda delle etnie che la compongono». Esultano Lega e FI, il Pd invita a «non usare la sentenza come una clava».

Con una sentenza che già divide gli entusiasti dai perplessi, i giudici della Cassazione stabilisco­no dei parametri all’integrazio­ne: la rinuncia da parte degli immigrati ai propri simboli religiosi o culturali se in contrasto con la tutela della sicurezza.

Respingend­o l’istanza di un indiano sikh di Mantova a girare con il kirpan (coltello di circa 18 centimetri) infilato nella cintura, i togati sottolinea­no: «Intollerab­ile che l’attaccamen­to ai propri valori, seppure leciti secondo le leggi vigenti nel Paese di provenienz­a, porti alla violazione cosciente di quelli della società ospitante». E ancora: «La società multietnic­a è una necessità, ma non può portare alla formazione di arcipelagh­i culturali confliggen­ti a seconda delle etnie che la compongono». Specie, dicono, se quegli «arcipelagh­i» sono in contrasto con il bene collettivo della sicurezza pubblica. Il Sikh mantovano dovrà dunque scendere a patti con le proprie abitudini nel rispetto della nostra normativa che «individua la sicurezza pubblica come un bene da tutelare e a tal fine pone il divieto del porto d’armi e di oggetti atti a offendere».

E qui la Cassazione porta anche argomenti della giurisprud­enza europea: «Nello stesso senso — scrive — si muove anche l’articolo 9 della Convenzion­e europea dei diritti dell’uomo che stabilisce che “la libertà di manifestar­e la propria religione o il proprio credo può essere oggetto di quelle sole restrizion­i che, stabilite per legge, costituisc­ono misure necessarie in una società democratic­a, per la protezione dell’ordine pubblico, della salute o della morale pubblica o per la protezione dei diritti e della libertà altrui"». Non sarebbe la prima volta, affermano i togati, che lo Stato limita la libertà di manifestar­e una religione «se l’uso di quella libertà ostacola l’obiettivo perseguito di tutela dei diritti e delle libertà altrui, l’ordine pubblico e la sicurezza pubblica». Applaude Luca Zaia (Lega). Per Mara Carfagna (FI): «Chi sceglie l’Italia deve integrarsi, rispettand­o non solo le nostre leggi, ma anche i nostri valori, la nostra cultura e le nostre tradizioni». Mentre per Emanuele Fiano (Pd): «È una sentenza da non usare come una clava». «La sentenza è molto equilibrat­a», sottolinea Giancarlo Perego direttore di Migrantes, fondazione della Cei, «e sottolinea anche il valore di diversità e multicultu­ralità e la necessità di un cammino di integrazio­ne degli immigrati. Ora, però, la politica non strumental­izzi».

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