Avevamo detto «mai più»
Ora l’Europa, terra di Auschwitz, ha il dovere di mobilitarsi
Non avremmo voluto più né pronunciare né scrivere queste due parole «forni crematori», se non per tenere a mente e ricordare alle nuove generazioni il crimine efferato compiuto dai nazisti nei lager dello sterminio. È accaduto solo qualche decennio fa in Europa. Giustamente abbiamo detto tante volte «mai più». Perché il forno crematorio è l’apice della disumanizzazione. Vuol dire togliere l’umanità all’altro, al punto da poterlo non solo uccidere con intenzionalità, in una catena di montaggio, ma anche bruciare e ridurre a cenere. In modo che non resti traccia, che chi ha commesso possa negare davanti al mondo, possa sostenere che il crimine non c’è stato. In modo
che il boia possa, anzi, negare persino che la vittima sia mai esistita.
E invece in questa età in cui i campi di internamento sono diventati quasi la norma, in cui si torturano e si seviziano i nemici, in cui si ripetono le esecuzioni di massa, in cui si ricorre ai gas tossici contro le popolazioni inermi, contro donne, anziani, bambini, giunge la notizia di «forni crematori». Il responsabile del Dipartimento di Stato per il Medio Oriente Stuart Jones accusa apertamente Bashar Assad. Le immagini satellitari diffuse per supportare questa terribile accusa mostrano la costruzione, vicino alla prigione di Sednaya, a nord di Damasco, adibita a cremare i corpi dei detenuti. Il nome di quella prigione è riemerso più volte, anche di recente, grazie alle denunce di Amnesty International. Soprusi, violenze, atrocità di ogni genere a cui sono stati sottoposti gli oppositori politici, i «ribelli», i «terroristi». Sappiamo — ma abbiamo spesso fatto finta di non sapere — che molti, soprattutto negli ultimi mesi, quando il conflitto ha preso una nuova piega, sono scomparsi nel nulla.
Una crudele guerra civile, durata sei anni, si è consumata non lontana dalla vecchia Europa che, per prima, avrebbe dovuto impedire quella serie infinita di efferatezze. Oggi apprendiamo che la «depravazione» — questa è la parola usata da Stuart Jones nella conferenza — ha raggiunto «nuovi livelli», ha toccato l’apice.
Il nulla in cui sono scomparsi i nemici di Assad è un forno crematorio. Cinquanta impiccagioni al giorno. Forse più. Che fare allora per evitare le fosse comuni, che potrebbero essere scoperte un domani? Che fare per sbarazzarsi di corpi ingombranti, che potrebbero essere una scomoda prova dell’eccidio? Inserirli in un forno, renderli cenere.
Non c’è insulto più grande alla dignità umana: offendere persino la morte. L’idea che il cadavere meriti rispetto, l’idea della sepoltura, fa parte del patrimonio etico dell’umanità. L’odore nauseabondo che usciva dai camini dei forni crematori è stato il segno dell’oltraggio supremo che Auschwitz ha inferto alla dignità dei mortali. Non avremmo mai immaginato che un camino funzionasse di nuovo nel mondo.
Auspichiamo che l’Europa, che nella sua storia recente porta la macchia indelebile dei forni crematori, non resti inerte. Le istituzioni e il popolo europeo hanno, più degli altri, il dovere di mobilitarsi.
Massimo oltraggio Non c’è insulto più grande alla dignità umana: offendere persino la morte