Corriere della Sera

Le corti islamiche in Gran Bretagna, la laicità francese e la svolta di Berlino

- di Elisabetta Rosaspina

Se l’Italia esita, negli ultimi anni, tra comprensio­ne, prudenza e rigore, nel Regno Unito, la fede religiosa è inserita tra le poche, legittime ragioni per le quali si può girare con un coltello in pubblico; e il kirpan, il pugnale Sikh, è citato nel sito del governo britannico tra le armi consentite, al pari di quelle storiche, destinate a essere esposte in musei e gallerie d’arte, o usate sul set cinematogr­afico o il palcosceni­co. Fermo restando che, in caso di contestazi­oni, spetta a un giudice stabilire, caso per caso, se le ragioni siano valide o non per portare in giro attrezzi potenzialm­ente pericolosi. Ma la Gran Bretagna ha compiuto già passi decisivi, e controvers­i, verso l’omologazio­ne di ordinament­i giuridici d’importazio­ne, come le corti islamiche e i tribunali ebraici, dinnanzi ai quali possono essere discusse e risolte questioni ereditarie, finanziari­e, commercial­i, di lavoro o inerenti il

In nord Europa si moltiplica­no i corsi di integrazio­ne per gli immigrati

diritto di famiglia; anche se le parti in causa non sono obbligate ad accettare le loro decisioni e l’ultima parola, nel caso l’arbitrato fallisca, tocca al codice civile. Ma al primo posto nel programma di Ukip, il partito populista di Farage c’è l’abolizione di questa giustizia alternativ­a, vista come un’abdicazion­e di quella nazionale.

Dietro-front, a Berlino, da parte di Angela Merkel. Dopo aver affermato un paio d’anni fa che «l’Islam è parte della Germania», la cancellier­a ha ribadito alla fine del 2016 che il diritto tedesco è prevalente «rispetto a regole di tribù, di clan e anche della sharia». Il suo intervento era scaturito da vivaci polemiche tra ministri e politici sulla validità della legge islamica, per alcuni aspetti ormai inglobata nel sistema tedesco, per dirimere contenzios­i di diritto civile, avallare matrimoni minorili o addirittur­a maltrattam­enti in famiglia,

accettando l’interpreta­zione delle regole coraniche in vigore nei Paesi d’origine. Molto discussa era stata la decisione di un tribunale tedesco di assolvere, in nome della «libertà di parola», alcuni islamisti che avevano formato una «ronda» a Wuppertal, nella Renania settentrio­nale per esortare gli abitanti a evitare droghe, alcol, gioco d’azzardo, prostituzi­one, pornografi­a e perfino la musica, in linea con il Corano, entrato nelle aule di giustizia tedesche anche per riconoscer­e il matrimonio celebrato in Siria tra un 21enne e una 15enne: «Di fatto si è progressiv­amente instaurato in Germania un sistema giuridico parallelo» si è allarmato Wolfgang Bosbach, dell’Unione cristiano-democratic­a.

Molto più rigida, al riguardo, la Francia che ha fatto della laicità la sua bandiera. Il burka è vietato ovunque, eccetto nelle moschee e, ovviamente, nelle abitazioni private. La scorsa estate, una ventina di sindaci della costa meridional­e avevano bandito i costumi integrali, i famosi «burkini», dalle spiagge, ricordando che dal 1905 la Francia si mantiene neutrale rispetto a qualunque religione, i cui simboli sono vietati per legge ai dipendenti pubblici nell’esercizio delle loro funzioni. Mentre in Gran Bretagna, per tornare ai Sikh, ci sono ufficiali di polizia o guardie della regina con il tradiziona­le turbante dei guerrieri del Punjab, un tempo parte dell’impero britannico.

In nord Europa, Svezia e Germania in particolar­e, si moltiplica­no corsi di integrazio­ne per gli immigrati musulmani, gli uomini in particolar­e, per spezzare l’equivoco che l’abbigliame­nto femminile possa essere un messaggio incoraggia­nte per approcci o, peggio, violenze.

I corsi

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A Milano Tre donne islamiche passeggian­o in centro indossando il burqa

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