Siria, gli Usa accusano: detenuti bruciati nei forni
Per il Dipartimento di Stato nel carcere di Sednaya 50 prigionieri impiccati ogni giorno e cremati per farli sparire
Cinquanta persone impiccate ogni giorno. E un forno crematorio costruito per farle sparire. È calato il gelo in sala stampa quando ieri il responsabile del Dipartimento di Stato per il Medio Oriente Stuart Jones ha spiegato ai giornalisti di avere le prove dell’esistenza di una fornace nel carcere di Sednaya.
Le foto satellitari mostrano come nella prigione militare dal 2013 in poi siano state fatte modifiche strutturali per rendere «sempre più sistematica l’eliminazione» degli oppositori del regime. «Oltre alle fosse comuni è stato creato un forno crematorio», è stata la spiegazione. Un orrore che si va ad aggiungere alla dettagliata denuncia fatta in febbraio da Amnesty International che in un rapporto ha parlato di oltre 13 mila morti in 4 anni.
Torture, umiliazioni di ogni tipo e deprivazione sistematica di ogni diritto. Sednaya non è solo un piccolo villaggio cristiano, noto per un antico monastero e le sue reliquie. Per i siriani è sinonimo di morte. Chi è riuscito a uscire vivo da lì ha raccontato cose terribili. «Quando ci dissero che saremmo andati lì cominciammo a piangere. E non smettemmo per tutto il tragitto», ha spiegato al Corriere la scorsa estate uno dei sopravvissuti, Mounir. Appena arrivati nella cittadina lui e i suoi compagni sono stati fatti denudare e picchiati duramente.
Poi le regole della prigione: «Primo non puoi alzare la testa e guardare i secondini in faccia. Pena la morte. Ho visto molta gente essere uccisa per questo», ha aggiunto l’uomo. Altra consegna, quella del silenzio: i prigionieri non possono parlare tra loro, nemmeno sussurrare. Dopo questo «benvenuto» il testimone ha spiegato di essere stato rinchiuso insieme ad altre nove persone in una cella sotterranea grande due metri quadrati. Uno dormiva, e gli altri stavano in piedi. «Tutti completamente nudi uno accanto all’altro». Poi, il giorno deciso per l’esecuzione, i detenuti venivano chiamati per nome e
Le esecuzioni Il macabro rito si ripeteva due volte alla settimana, di notte, nel silenzio più totale
veniva loro comunicato che sarebbero stati trasferiti in altre strutture detentive. In realtà venivano portati con gli occhi bendati in una cella, dove venivano picchiati, quindi trasferiti in un altro edificio per essere uccisi. Un macabro rito che, secondo quanto si legge nel rapporto di Amnesty, si ripeteva ogni lunedì o martedì notte. E che ha visto morire impiccati gruppi di 50 detenuti per volta. «La pratica è stata tenuta segreta e praticata tra settembre 2011 e dicembre 2015 ma potrebbe essere tuttora in vigore», ha ribadito Stuart Jones.
Ma l’accusa di Washington non riguarda solo il carcere costruito dagli Assad negli anni ‘80 con quello di Palmira. Se Stuart Jones ha sottolineato come il regime di Damasco abbia raggiunto «nuovi livelli di depravazione», dopo la conferenza stampa dalla Casa Bianca hanno rincarato la dose, con il portavoce Sean Spicer che ha tuonato «la Siria non sarà sicura e stabile finché Assad sarà al potere». Parole, e non fatti certo. Che però sono state pronunciate alla vigilia della nuova tornata di colloqui negoziali sulla Siria previsti per martedì a Ginevra e mentre diventa sempre più chiaro come Russia e Iran stiano cercando di spostare la discussione del futuro della Siria ad Astana.
Nel frattempo però, mentre la diplomazia e la politica parlano, a Sednaya si continua a morire.