Corriere della Sera

Lo stop del Pd alla legge elettorale Renzi: il mio testo alla Camera passa

La spinta sul tedesco «corretto» con la Lega: FI al Senato dovrebbe essere più disponibil­e

- Maria Teresa Meli

ROMA Matteo Renzi tenta di sparigliar­e le carte. Non è la prima volta e non sarà l’ultima: ha sempre spiazzato gli avversari politici così. Il segretario del Pd boccia il testo base di riforma elettorale presentata dal presidente della Commission­e Affari costituzio­nali Andrea Mazziotti (e appoggiato da Forza Italia, centristi vari e grillini). «Non potremo mai accettare che si arrivi a fare una legge elettorale tutta in soccorso ai piccoli partiti: no al Cespugliel­lum», afferma Renzi, ribadendo quanto aveva già detto in un’intervista a Il Foglio.

Ed è un “no” che pesa, quello dell’ex premier. Innanzitut­to perché affossa quella proposta. E poi perché il leader del Pd non si limita a bocciare quella riforma. Ne sposa un’altra, che dovrebbe essere presentata già oggi (o al massimo domani): il tedesco corretto. Ossia 50 per cento collegi uninominal­i, 50 per cento proporzion­ale con liste corte, bloccate, e sbarrament­o al 5 per cento. E c’è di più.

La proposta renziana ha ottenuto il sì della maggior parte del Pd, è sponsorizz­ata dalla Lega e da una fetta di centrodest­ra e sarà quella che andrà alla prova dell’aula di Montecitor­io. Sulla carta i numeri della Camera sono certi. E poi? Che accadrà al Senato? «Lì - spiega Renzi ai suoi - ognuno si assumerà le sue responsabi­lità. Perché alla Camera i voti ci sono. Al Senato, chi vuole fare veramente una legge elettorale dirà di sì, chi invece frena cercherà di affossarla. Ma che non si dica più che siamo noi il freno alla riforma: è una balla».

La mossa di Renzi sortisce diversi effetti. Innanzitut­to divide il centrodest­ra. Allontanan­do la Lega da Berlusconi. Non è un caso quindi che Renzi elogi il modo in cui il Carroccio ha riconferma­to Salvini: «Tanto di cappello per il passaggio democratic­o». «Fi al Senato - chiarisce poi Renzi ai suoi - dovrebbe essere più disponibil­e, sennò significa che quando ci saranno le elezioni si andrà a votare con la legge attuale».

In secondo luogo la mossa renziana getta un sasso nelle acque, apparentem­ente stagnanti, della sinistra. Pisapia, infatti, apre all’ipotesi. Gli scissionis­ti, invece, sentono odore di bruciato. «Ma non era a loro che pensavamo con questa proposta, perché tanto ci votano sempre contro», spiega Ettore Rosato a un drappello di deputati. Insomma nessun tentativo di intesa con Mdp.

Ma c’è un altro interlocut­ore a cui Renzi si rivolge con questa proposta, sfidandolo: «Nel 2013 Grillo voleva il Mattarellu­m, noi gli proponiamo una legge analoga, se è vero, come dice, che vuole le elezioni, deve dire sì, sennò è vero quello che sosteniamo noi, e cioè che ha paura del voto».

A luglio, al Senato, ci sarà il momento della verità. Se la proposta avrà i voti, bene. Se non dovesse passare, dicono i renziani, Mattarella dovrà prendere atto che con questo Parlamento è impossibil­e fare una riforma. Con tutto quello che ne consegue.

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