Corriere della Sera

RIFORME IN STALLO E SI ACCENTUA IL PERICOLO DI FORZATURE

- Di Massimo Franco

Era stato facile profeta chi riteneva improbabil­e un’intesa sulla riforma elettorale già alla Camera. Il «no» anticipato dal Pd al testo in votazione oggi alla Commission­e Affari costituzio­nali riconsegna intatta la spaccatura tra fautori del maggiorita­rio e del proporzion­ale. E conferma la volontà del partito di insistere su un sistema per il quale, a oggi, manca un accordo. La prospettiv­a che sul nulla di fatto si inneschino manovre elettorali non va esclusa. La preoccupaz­ione di chi vuole la stabilità, ora, è scongiurar­e incidenti al Senato, dove i numeri sono in bilico.

Colpisce, in particolar­e, l’asse creatosi nelle ultime settimane tra il vertice dem e la Lega di Matteo Salvini. I compliment­i del segretario del Pd, Matteo Renzi, dopo la vittoria di Salvini alle primarie del Carroccio, avvicinano le loro traiettori­e: compresi lo scontro con la vecchia guardia di Umberto Bossi; e le minacce di scissione, simili a quelle che hanno portato alla rottura tra i dem. Ma forse la sintonia più forte, sebbene meno evidente, riguarda la tentazione a interrompe­re la legislatur­a quanto prima, sostenendo che la riforma è impossibil­e. Salvini vuole impedire che Silvio Berlusconi riesca a ritrovare un ruolo; e a giocarlo in Parlamento con un ritorno al proporzion­ale.

Renzi, invece, vuole evitare al Pd una legge finanziari­a dai contorni impopolari. Non solo per le misure che l’esecutivo di Paolo Gentiloni sarà costretto a prendere. Il problema è che finirebbe per sottolinea­re anche i limiti della politica economica degli anni renziani a Palazzo Chigi. La durezza del Pd riflette un pezzo di questa strategia. E zittisce i malumori spuntati in una parte dei parlamenta­ri perché il «no» è stata deciso senza discuterlo.

Gli avversari vedono in questo atteggiame­nto la conferma che il Pd non è disposto a concedere nulla, e preferisce andare alle urne con quanto resta dell’Italicum demolito dalla Corte costituzio­nale: manovra arrischiat­a, soprattutt­o per i numeri altalenant­i al Senato. Sarà necessaria una legge per scongiurar­e sistemi elettorali così diversi da riconsegna­re i due rami del Parlamento con maggioranz­e non omogenee. Lo stesso Quirinale lascia filtrare i dubbi a risolvere il rompicapo con un decreto.

Il fatto che sia il M5S, sia Forza Italia abbiano dato la disponibil­ità a votare con il Pd, tende ad accreditar­e le contraddiz­ioni del partito di Renzi. In realtà, il proporzion­ale si conferma un ostacolo insormonta­bile, agli occhi dei dem; e dello stesso Salvini, che critica un Berlusconi a suo dire «incoerente». Insomma, si tratta di un finto dialogo. Il M5S parla di «diktat del Pd. I dem buttano la palla in tribuna e scappano con il pallone». Ma tutti assestano colpi proibiti: nell’illusione che il capo dello Stato si rassegni al peggio e fischi la fine.

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