«Un euro alle cosche per ogni ora lavorata» La tassa sui dipendenti che creava contanti
I pm: illegalità diffusa da non sottovalutare
Milano «... Ecchiti...», si dicono l’un l’altro in auto dopo la sosta in una filiale del Banco di Sicilia, e la microspia capta il sussurro «accompagnato da un rumore di tipo cartaceo». Qui Sicilia 13 dicembre 2016, qui Piemonte 14 dicembre 2016: uno dei referenti al Nord del clan Laudani scende a Catania per consegnare a un cassiere della cosca alcune migliaia di euro in contanti creati con fatture false, e quasi contemporaneamente un altro referente dei Laudani sale a Chivasso in Piemonte per dare come ogni mese 4.000 euro al dirigente Lidl che propizia gli allestimenti dei supermercati.
Sono indagini «dal basso» come queste (di Squadra Mobile di Milano e GdF di Varese) a far sì che i pm Boccassini e Storari avvertano che conviene abbandonare la cinematografica prospettiva «“mafiocentrica” per puntare l’attenzione sui quei fattori di contesto che consentono alla mafia di prosperare in territori non tradizionali». Rischiano di fare velo «le somme ricavate dai singoli illeciti» che «non sono di ammontare elevatissimo, quasi che gli illeciti rivestano un carattere “corpuscolare”, dove la quantità prevale sulla qualità. Non sono ampie macchie scure che “sporcano” un fondo bianco immune da contaminazione, ma un fondo bianco cosparso di punti neri, che quasi offuscano lo sfondo bianco». Doppiamente insidioso. Per l’«illegalità diffusa». E perché, «trattandosi di illegalità ad apparente bassa intensità», è «non facilmente accertabile e inoltre suscettibile di sottovalutazione», sicché «una visione investigativa miope potrebbe andare alla ricerca solo di macro fenomeni delittuosi» (grandi tangenti, grossi crac, maxievasioni fiscali), «relegando nel limbo del penalmente non degno di attenzione tutto ciò che non supera una certa soglia quantitativa: scelta quanto mai sbagliata, come attesta questa indagine dove numerosi illeciti di stampo economico, ripetuti nel tempo, si rivelano devastanti ove si pensi che vanno a finanziare la famiglia mafiosa dei Laudani».
E come già l’anno scorso nell’identico tipo di commissariamento del gigante privato-pubblico Fiera Milano spa, ora anche nel colosso privato della grande distribuzione Lidl i magistrati rilevano che «la
buona fede non può essere invocata da soggetti presenti nelle direzioni generali Lidl, che non solo percepiscono denaro per assegnare lavori in favore degli indagati (al Nord) ma intrattengono, in via diretta o indiretta non è noto, rapporti con soggetti appartenenti alla famiglia mafiosa dei Laudani in grado di orientare le mosse di Lidl nella scelta degli appaltatori di servizi».
Dalle intercettazioni si comprende che la somma di denaro che i due poli consortili (Politi e Alecci da un lato come referenti dei Laudani, Alessandro Fazio dall’altro) devono periodicamente riconoscere alla cosca è stata stabilita nel 2009 da un accordo in base al quale «per ogni ora di lavoro prestata dal singolo dipendente delle società operanti presso le filiali Lidl sarebbe stato corrisposto 1 euro; in seguito sembra che questa quota sia stata stabilita nella misura del 10%». Poi Fazio subentra a Politi («La sicurezza là da loro? Tutta io ce l’ho ora!»), anche se nel luglio 2016 cede apparentemente l’appalto per Lidl Sicilia a una società di un suo amico: in realtà il personale è rimasto lo stesso, passato da una società all’altra («...sto parlando come se noi fossimo degli estranei che non ci conosciamo, giusto! ... Poi che io lo faccio fare a Europolice o Siciliapolice, comunque sono io il responsabile del servizio...»).
Del resto, ora che i pm lo mostrano impietosamente, a posteriori forse non sarebbe stato impossibile pretendere che, lungo la filiera del contratto con il Comune di Milano per la sorveglianza di Palazzo di Giustizia, qualcuno dei tanti teorici livelli di controllo si accorgesse che qualcosa non andava nella girandola di cambi societari: «Nel giugno 2014 la GF Protection Srl (di cui Alessandro Fazio è socio), che svolgeva servizi di vigilanza per conto della Allsystem spa, cede un ramo d’azienda alla Securpolice Servizi Fiduciari. Il socio unico di questa azienda
L’accusa Al dirigente del discount in Piemonte uno stipendio extra di 4 mila euro L’intercettazione La spartizione delle commesse: «La sicurezza là da loro? Tutta io ce l’ho ora»
(di cui Alessandro Fazio è amministratore) è la Estate Solution srl, il cui presidente è ancora una volta proprio Alessandro Fazio, mentre il fratello Nicola ne è consigliere. Estate Solution srl a sua volta ha come soci due aziende, la Impresa Semplice srl, il cui amministratore è Nicola Fazio, e la FG Corporate srl, il cui socio unico è nuovamente Alessandro Fazio».