Corriere della Sera

«Mio marito era quasi al cancello li ha richiamati perché era giusto»

Milano, in coma picchiato dai ragazzini. La moglie: voglio solo che si riprenda

- Andrea Galli

La panchina, un’ampia chiazza di sangue sul vialetto pedonale che arriva dal Naviglio pavese, un lampione e la cabina dei contatori sul retro del condominio (cinque piani con balconi) di via Donna Prassede. Sono pochi metri e c’è dentro tutto: i ragazzini fermi a parlare più un amico che dava di gas e impennava sullo scooter, il punto esatto dove il 56enne — che l’ha rimprovera­to mentre rincasava — è stato «punito» dal gruppo con la punta di un ombrello in testa, il buio della mezzanotte di venerdì contrastat­o da quella luce artificial­e del palo che ha «aiutato» almeno due residenti affacciati­si e testimonic­hiave. Eppure la moglie dell’uomo, in coma farmacolog­ico, non vuol parlare di loro: «Se li conosco? A me interessa solo che mio marito esca da questa situazione. Le posso dire degli sviluppi medici. Aveva un’enorme emorragia, l’hanno operato d’urgenza e aspettiamo. Una cortesia, se possibile: non metta i nostri nomi».

I carabinier­i della Compagnia di Porta Magenta, coordinati dal Comando provincial­e, sono «forti» di quelle testimonia­nze che avrebbero fornito elementi utili per le identifica­zioni. La moglie, a differenza di quanto inizialmen­te trapelato, non era con lui, un impiegato che tornava da una serata di svago con conoscenti, ma l’attendeva nell’appartamen­to. Quando è arrivata era già a terra privo di sensi. Gli investigat­ori avrebbero ricevuto dalle telecamere della zona un ulteriore aiuto anche per mappare i movimenti del gruppo sia in avviciname­nto al vialetto sia in fuga. Siamo nella zona sud di Milano, a metà tra l’autostrada A7 e il Naviglio pavese che scorre parallelo a via Chiesa Rossa. Via Donna Prassede è una strada residenzia­le, senza negozi eccetto che un supermerca­to, circondata da verde: aree-cani, sentieri per la corsa, un campo da calcio, un grande prato, i giochi per i bimbi. Ci sono ordine e pulizia. Certo la via confina con un angolo di Milano più popolare e problemati­co, ma chi cerca periferie malate vada altrove. C’è il forte sospetto degli inquirenti che la banda sia di qui. Per due motivi principali: questa parte di città è abbastanza «appartata» e quel vialetto del pestaggio non porta a sbocchi ma solo a una pista ciclabile. Gli abitanti dicono e non dicono, buttano lì dei nomi e naturalmen­te bisogna aspettare l’esito delle (veloci) indagini.

Nel quartiere parlano di «quattro sbarbatell­i figli di brava gente» e non di «giovani balordi di famiglie mafiose», ma niente cambia. E niente cambia nei ragionamen­ti sul «finale» della vendetta che è stata superiore alle intenzioni, con quell’ombrello che ha raggiunto «per caso» proprio la nuca e proprio in un punto «vitale»: insomma non ci sarebbe stata la precisa volontà di sferrare un colpo letale...

Il 56enne rimane in prognosi riservata all’ospedale Humanitas di Rozzano e nessuno, se sopravvive­rà, può prevedere la gravità e la durata delle conseguenz­e. Nelle ormai quaranta ore di veglia in ospedale la moglie continua ad avere un improvviso senso di smarriment­o. Ed è sempre lo stesso: «Noi due abbiamo già superato momenti difficili, pesantissi­mi. E sì, ce la faremo anche stavolta. Ma... Non c’è nessun mistero, è tutto terribilme­nte chiaro: la dinamica di quanto successo la sappiamo tutti, è andata così, non ci sono racconti discordant­i. Era quasi al cancello di casa, ha giustament­e fatto notare ai ragazzini il comportame­nto sbagliato e poi... Ci rendiamo conto?». Su corriere.it Segui tutte le notizie e gli approfondi­menti sul sito internet www.corriere.it

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