«Mio marito era quasi al cancello li ha richiamati perché era giusto»
Milano, in coma picchiato dai ragazzini. La moglie: voglio solo che si riprenda
La panchina, un’ampia chiazza di sangue sul vialetto pedonale che arriva dal Naviglio pavese, un lampione e la cabina dei contatori sul retro del condominio (cinque piani con balconi) di via Donna Prassede. Sono pochi metri e c’è dentro tutto: i ragazzini fermi a parlare più un amico che dava di gas e impennava sullo scooter, il punto esatto dove il 56enne — che l’ha rimproverato mentre rincasava — è stato «punito» dal gruppo con la punta di un ombrello in testa, il buio della mezzanotte di venerdì contrastato da quella luce artificiale del palo che ha «aiutato» almeno due residenti affacciatisi e testimonichiave. Eppure la moglie dell’uomo, in coma farmacologico, non vuol parlare di loro: «Se li conosco? A me interessa solo che mio marito esca da questa situazione. Le posso dire degli sviluppi medici. Aveva un’enorme emorragia, l’hanno operato d’urgenza e aspettiamo. Una cortesia, se possibile: non metta i nostri nomi».
I carabinieri della Compagnia di Porta Magenta, coordinati dal Comando provinciale, sono «forti» di quelle testimonianze che avrebbero fornito elementi utili per le identificazioni. La moglie, a differenza di quanto inizialmente trapelato, non era con lui, un impiegato che tornava da una serata di svago con conoscenti, ma l’attendeva nell’appartamento. Quando è arrivata era già a terra privo di sensi. Gli investigatori avrebbero ricevuto dalle telecamere della zona un ulteriore aiuto anche per mappare i movimenti del gruppo sia in avvicinamento al vialetto sia in fuga. Siamo nella zona sud di Milano, a metà tra l’autostrada A7 e il Naviglio pavese che scorre parallelo a via Chiesa Rossa. Via Donna Prassede è una strada residenziale, senza negozi eccetto che un supermercato, circondata da verde: aree-cani, sentieri per la corsa, un campo da calcio, un grande prato, i giochi per i bimbi. Ci sono ordine e pulizia. Certo la via confina con un angolo di Milano più popolare e problematico, ma chi cerca periferie malate vada altrove. C’è il forte sospetto degli inquirenti che la banda sia di qui. Per due motivi principali: questa parte di città è abbastanza «appartata» e quel vialetto del pestaggio non porta a sbocchi ma solo a una pista ciclabile. Gli abitanti dicono e non dicono, buttano lì dei nomi e naturalmente bisogna aspettare l’esito delle (veloci) indagini.
Nel quartiere parlano di «quattro sbarbatelli figli di brava gente» e non di «giovani balordi di famiglie mafiose», ma niente cambia. E niente cambia nei ragionamenti sul «finale» della vendetta che è stata superiore alle intenzioni, con quell’ombrello che ha raggiunto «per caso» proprio la nuca e proprio in un punto «vitale»: insomma non ci sarebbe stata la precisa volontà di sferrare un colpo letale...
Il 56enne rimane in prognosi riservata all’ospedale Humanitas di Rozzano e nessuno, se sopravviverà, può prevedere la gravità e la durata delle conseguenze. Nelle ormai quaranta ore di veglia in ospedale la moglie continua ad avere un improvviso senso di smarrimento. Ed è sempre lo stesso: «Noi due abbiamo già superato momenti difficili, pesantissimi. E sì, ce la faremo anche stavolta. Ma... Non c’è nessun mistero, è tutto terribilmente chiaro: la dinamica di quanto successo la sappiamo tutti, è andata così, non ci sono racconti discordanti. Era quasi al cancello di casa, ha giustamente fatto notare ai ragazzini il comportamento sbagliato e poi... Ci rendiamo conto?». Su corriere.it Segui tutte le notizie e gli approfondimenti sul sito internet www.corriere.it