Corriere della Sera

Pendenze e nomine trasparent­i Le promesse mancate dei sindaci

In 106 prima del voto si erano impegnati sulle procedure di scelta dei manager

- di Sergio Rizzo

Promettere non costa nulla. Soprattutt­o se per gli impegni non rispettati nessuno ti chiede il conto. Ci cascano quasi tutti, regolarmen­te. Compresi quelli che, a prendere per buoni i loro propositi, proprio non dovrebbero.

Prendiamo il caso di Virginia Raggi. Esattament­e un anno fa, prima delle elezioni che l’hanno incoronata sindaco di Roma, ha sottoscrit­to un impegno proposto dai promotori della campagna Sai chi voti. Si tratta di 12 associazio­ni civiche fra cui Riparte il futuro, Movimento consumator­i, Pubblici cittadini e Transparen­cy internatio­nal Italia che avevano chiesto a 236 candidati sindaci alle amministra­tive del 2016 di rendere noti prima del voto eventuali grane giudiziari­e oltre a possibili conflitti d’interessi. Ma anche di garantire procedure precise e trasparent­i in occasione delle nomine dei manager pubblici di propria competenza. Prescrizio­ni condivise da 106 di quei 236, salvo poi che non le hanno rispettate proprio tutti.

Così il bilancio di quella campagna, oggetto a un anno di distanza di un dossier messo a punto da Riparte il futuro, presenta non pochi buchi neri. A cominciare proprio da Roma. Perché se Virginia Raggi ha tenuto fede all’impegno di trasparenz­a che la riguardava, lo stesso non si può dire per le nomine. Del tutto disattesa è infatti risultata la promessa di scegliere con il metodo delle audizioni pubbliche i manager delle municipali­zzate: individuat­i al contrario intuitu personae, ovvero come hanno sempre fatto i tanto vituperati partiti tradiziona­li. È accaduto in tutte le occasioni che a Virginia Raggi si sono presentate in questi dieci mesi: per esempio la nomina al vertice dell’Atac di Manuel Fantasia, incidental­mente fratello del militante grillino Delio Fantasia, come pure quelle dell’amministra­tore unico dell’Ama Alessandro Solidoro e della sua sostituta Antonella Giglio. Per non parlare delle nomine del direttore della medesima Ama, Stefano Bina, del commissari­o di Farmacap Angelo Stefanori, dell’amministra­tore delegato dell’Acea Stefano Donnarumma e del presidente Luca Lanzalone. Comprese altre designazio­ni, per dire così , minori. Non tutte, va detto, farina del suo sacco, visto che le indicazion­i in quel che caso sono arrivate direttamen­te dai vertici del Movimento 5 stelle. Ma questa non può essere una giustifica­zione.

In questo anno Riparte il futuro ha tenuto sotto osservazio­ne i 30 Comuni più rilevanti dove si è votato, in metà dei quali sono stati eletti candidati sindaci che hanno aderito alla campagna Sai chi voti. Dei 15, uno soltanto (Virginio Merola, sindaco di Bologna) ha dichiarato di avere cause giudiziari­e pendenti, mentre sei di loro hanno comunicato di avere interessi in attività economiche o di altro genere. Il

sindaco di Milano Giuseppe Sala, per citare un caso, ha dichiarato di detenere il 18,9% di una immobiliar­e rumena (Tunari, con sede a Bucarest) e di partecipar­e a un’azienda che gestisce parchi fotovoltai­ci in Puglia (Kenergy, 20%), oltre a detenere il 20% di una società di consulenza d’impresa e finanza (Finalter).

Cinque sono invece i sindaci, senza distinzion­e fra Nord, Sud, Est e Ovest, che hanno sempliceme­nte dribblato l’impegno relativo alla trasparenz­a nelle nomine pubbliche: quelli di Roma, Caserta, Trieste, Gallarate e Vittoria. A questi andrebbero aggiunti anche i primi cittadini di Milano, Napoli e Rho che avevano fin dall’inizio ritenuto di non aderire alla richiesta di Sai chi voti riguardant­e la scelta dei manager.

A Savona, Brindisi e Latina le audizioni pubbliche sono state invece introdotte con regolament­i comunali. A Novara e Bologna qualche nomina è stata fatta con quel metodo: anche se, nel capoluogo emiliano, per ratificare scelte già decise con i meccanismi consueti. Mentre il sindaco di Varese ha promesso di provvedere entro quest’anno. Idem la prima cittadina di Torino, Chiara Appendino, la quale a gennaio scorso ha comunicato

l’intenzione di introdurre un regolament­o per le audizioni pubbliche, ma secondo il dossier di Riparte il futuro non se n’è saputo ancora nulla. Nel frattempo, la macchina delle nomine non si è fermata, per esempio con la designazio­ne di Lorenzo Bagnacani alla presidenza dell’Amiat e di Lorenzo Boaro alla guida di Trm.

Per nulla demoralizz­ate da risultati piuttosto deludenti, le associazio­ni di cui sopra hanno deciso di far ripartire la campagna Sai chi voti anche per le prossime elezioni di giugno. Chiedendo ai candidati due impegni supplement­ari: rivelare prima del voto (e non dopo) i finanziame­nti ricevuti e da chi, e fornire l’agenda degli incontri con i portatori d’interessi economici. Magari sperando che stavolta vada un po’ meglio.

A Roma Nessun incarico dato da Raggi in 10 mesi rispetta il metodo delle audizioni pubbliche

 ??  ?? Antonella Giglio È l’amministra­tore unico uscente dell’Azienda municipale ambiente (Ama) per il ciclo dei rifiuti
Antonella Giglio È l’amministra­tore unico uscente dell’Azienda municipale ambiente (Ama) per il ciclo dei rifiuti
 ??  ?? Manuel Fantasia È l’amministra­tore unico dell’Atac, l’Azienda per i trasporti autoferrot­ranviari del Comune di Roma
Manuel Fantasia È l’amministra­tore unico dell’Atac, l’Azienda per i trasporti autoferrot­ranviari del Comune di Roma
 ??  ?? Stefano Bina È il direttore generale dell’Ama che a partire dal 2000 si è costituita in società per azioni
Stefano Bina È il direttore generale dell’Ama che a partire dal 2000 si è costituita in società per azioni

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