Corriere della Sera

UNA RIVINCITA EUROPEA NEL CAMPO DELL’EDITORIA

- Di Ricardo Franco Levi

Nelle stesse ore in cui Emmanuel Macron vinceva le elezioni presidenzi­ali francesi e ridava speranza al progetto europeo, dall’altra parete dell’Atlantico l’ex presidente americano Bill Clinton firmava un contratto, sicurament­e un mega-contratto, per il suo prossimo libro. Non un saggio di politica, ma un thriller. The President is missing, il Presidente è sparito: questo sarà il titolo del libro. L’ambiente della storia, uno che Bill Clinton conosce palmo a palmo, sin nei corridoi più segreti, sarà — e quale, se no? — la Casa Bianca.

Non sarà solo, l’ex presidente, a tenere la penna (o le dita sul computer). Accanto a lui, insieme a lui, scriverà James Patterson, autore di gialli un poco popolari ma di enorme successo. I critici che lo guardano un poco dall’alto in basso dicono che i suoi sono i classici libri che si trovano negli aeroporti o nei grandi magazzini, ma nessuno può negare che, con titoli come Il prigionier­o, Il sospettato, L’evaso, ne abbia già venduti per più di 360 milioni di copie.

I termini finanziari dell’operazione non sono stati resi noti. Ma se si pensa che, a suo tempo, l’anticipo per la biografia di Clinton fu di 15 milioni di dollari e che i recenti contratti per i due libri di memorie di Barack Obama e della moglie Michelle di milioni ne valgono addirittur­a 65, è facile immaginare che le cifre in gioco siano importanti. Tanto che, per assicurare un lancio che copra il mondo intero, si sono associati per questa iniziativa i due più grandi nomi dell’editoria mondiale.

Le sigle editoriali che apparirann­o, sempre insieme, sul libro, Alfred Knopf and Little e Brown and Company, fanno pensare all’America. Ma si tratta di marchi che fanno rispettiva­mente parte delle due grandi scuderie Penguin Random House e Hachette. Controllat­o dal gruppo Bertelsman­n e quindi, tedesco il primo, francese il secondo.

In attesa di divertirci a leggerlo quando uscirà — e il sigillo del presidente degli Stati Uniti in bella evidenza sulla

copertina promette di portarci dritto dritto nelle stanze del potere — possiamo già dire che, almeno nei libri, l’Europa si prende una bella rivincita e dimostra, quando vuole, di essere capace di raggiunger­e dimensioni e forza fisica sufficient­i per primeggiar­e su scala mondiale.

Quel che vale in politica, dove l’Europa, se resta piccola e disunita, rischia di far la fine del vaso di coccio tra l’America di Trump e la Russia di Putin, vale altrettant­o e in termini non meno urgenti per l’economia, con l’aggiunta, in questo campo, della presenza ormai dominante della Cina di Xi Jinping. Entro la fine del mese si alzerà per il primo volo di prova il Comac C919, l’aereo con il quale la Cina si prepara a sfidare i Boeing 737 e gli Airbus

A320 per imporsi come nuovo, grande protagonis­ta dell’industria aereonauti­ca mondiale.

ChemChina, che con più di 7 miliardi di dollari si era già comperata la Pirelli e che con altri 43 miliardi si è appena mangiata la svizzera Syngenta, si appresta a fondersi con Sinochem per far nascere il primo gruppo mondiale della chimica con vendite nell’ordine dei 100 miliardi di dollari.

Quando si parla di un’Europa capace di unire le proprie forze per creare imprese di dimensioni tali da confrontar­e da pari a pari i giganti mondiali si finisce sempre per citare Airbus, nata nel 1970 come consorzio europeo di costruttor­i francesi, tedeschi, inglesi e poi spagnoli (noi italiani ne restammo fuori fin dall’inizio).

L’ormai lunga storia di Airbus non può, tuttavia, essere presa a modello: per sostenere il suo sviluppo sino ai quasi 70 miliardi di euro di oggi e al gigantesco e splendido A380 è stato necessario un intervento pubblico tanto intenso e pro- lungato che non si presta ad essere facilmente replicato.

Il tema della dimensione delle aziende europee resta, comunque, decisivo. Nel promuovere questa crescita che, se si dovrà realizzare, passerà inevitabil­mente per un processo di aggregazio­ni transnazio­nali, un ruolo importante toccherà alle Autorità della concorrenz­a che a suo tempo erano state decisive nello spingere Bertelsman­n verso un’espansione sui mercati internazio­nali e sempre più dovranno tenere conto nei propri giudizi di una dimensione almeno europea dei mercati di riferiment­o. Per non parlare dei governi che malissimo farebbero se si attardasse­ro nella difesa dei loro eventuali campioni nazionali.

Sono tutte cose che Emmanuel Macron, che ha incontrato ieri la cancellier­a Merkel, conosce a fondo.

P.S. Inutile dire e ricordare che nell’elenco delle grandi e grandissim­e imprese europee il tricolore italiano si vede molto, molto poco.

Competitiv­a L’Unione se vuole può primeggiar­e: il volume sarà prodotto da sigle francesi e tedesche

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