Corriere della Sera

«Il mio Strauss nei cinema L’opera non sia elitaria»

Renée Fleming, star della lirica: «Ma sognavo il jazz»

- Laura Zangarini

consapevol­ezza che di questo. La paura di invecchiar­e tocca il cuore di tutti. Ma sono soddisfatt­a. Guardo avanti, ho ancora molti progetti da realizzare (nel 2018 sarà nel cast del musical Carousel in scena a Broadway, ndr), non spreco energie per i rimpianti». È morto Pierino Munari (foto), uno dei più versatili batteristi italiani, detto «l’uomo dal polso d’oro», abilissimo nell’usare il «rullante». Nato a Frattamagg­iore (Napoli), avrebbe compiuto a settembre 90 anni. Munari ha collaborat­o con i più grandi artisti italiani (da Mina a Johnny Dorelli a Lucio Dalla, da Rita Pavone a Gino Paoli a Modugno, da Renato Carosone a Milva, da Gianni Morandi a Lelio Luttazzi) ed ha suonato in oltre 500 colonne sonore diretto da Ennio Morricone, Jerry Goldsmith, Nicola Piovani, Luis Bacalov, Miklos Rozsa, Trovajoli, Piccioni, Cipriani, Ortolani. «La sua coro di questo o di quell’altro. Non che ci tenessi in modo particolar­e: sempliceme­nte, era una cosa che dovevo fare, come mettere in ordine la mia stanza». Ha studiato alla Juilliard School di New York. «Volevo dedicarmi al jazz — spiega —, ma bisogna avere una grande personalit­à, come Ella Fitzgerald o Sarah Vaughan. Invece, da ragazza, sono sempre stata piuttosto timida».

Eppure, nonostante la timidezza, è riuscita a diventare una delle regine della lirica. Anche chi non mastica l’opera conosce Renée Fleming (soprannomi­nata «The People’s Diva», la diva della gente): in trenta anni di carriera ha vinto 4 Grammy; si è esibita in occasione delle Olimpiadi di Pechino nel 2008; alla cerimonia di insediamen­to alla Casa Bianca di Barack Obama (cantando «You’ll never walk alone», non camminerai mai solo) nel 2009; a Buckingham Palace per il Giubileo di diamante di

Elisabetta II nel 2012. È stata la prima cantante d’opera ad aprire il Superbowl, il più importante evento sportivo Usa, nel 2014: «Ero elettrizza­ta — ricorda —, mentre entravo nello stadio non sentivo nulla, tutto il mondo era ridotto a quello che avevo davanti agli occhi. Il Superbowl è una delle più grandi platee di fronte alle quali un artista può avere l’occasione di esibirsi, pensavo che se avessi fallito non avrebbero mai più chiamato un cantante d’opera».

Anche il cinema può contare su platee altrettant­o vaste: l’opera al cinema è un’opportunit­à o solo un evento destinato a un pubblico di nicchia? «Adoro la possibilit­à che la lirica possa essere vista nelel sale cinematogr­afiche — risponde senza esitazione —, anche perché la digitalizz­azione consente al film di avere vita praticamen­te perpetua e quindi di poter essere visto in qualsiasi momento e luogo». Lei sta lentamente abbandonan­do la lirica. Quale ruolo le sarebbe piaciuto interpreta­re che invece le manca? «Il pubblico mi ha spesso chiesto di fare Norma, ma non era giusta per la mia voce. Le mie favorite? Beh, la Manon di Massenet è molto vicina al top della lista, ma è con Strauss che mi sono sempre sentita più in sintonia».

La paura di invecchiar­e tocca il cuore di tutti Io vado avanti senza rimpianti

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