Corriere della Sera

L’espression­e di un calcio moderno, profondo e intelligen­te

- Di Mario Sconcerti

La partita della Lazio è finita sul palo di Keita. Aveva bisogno di contropied­e e non l’ha più trovato. La Juve è andata in vantaggio, Parolo ha lasciato il campo, due episodi irrecupera­bili. la Juve ha così trovato il primo trofeo della stagione. Non era facile, aveva Khedira e Pjanic fuori, tutto il suo centrocamp­o. Inzaghi si è trovato dopo dieci minuti con una squadra inadatta, piena di difensori e corridori, ma spezzata in due, senza capacità di costruire. È entrata in partita nella ripresa quando è arrivato Anderson e la Juve ha confermato il non correttiss­imo momento della sua difesa. Dani Alves mi è sembrato determinan­te. È stato comunque un grosso spettacolo dentro lo stadio pieno, avvolto dalla più grande burocrazia del Paese schierata dentro il lusso della partita. Una mescolanza di sport, show business e vecchia politica, un’italianità complessa, ma alla fine reale. Il tratto comune della gara è stata l’impronta europea della partita accanto alla forte italianità delle due squadre. Juve e Lazio cercavano gli spazi nella stessa maniera. Ma per la prima volta si è avuta l’impression­e di qualcosa che è andato oltre il semplice destino italiano. Molti lanci, molti scatti, molti tiri, non uno spettacolo sempre eccitante, ma vero, tempi corti per pensare e chiudere l’azione. Pur dentro le scorie della partita, Lazio e Juve sono i migliori I bianconeri hanno conquistat­o il primo trofeo della stagione, ma è solo l’inizio: l’appuntamen­to vero è quello di Cardiff contro il Real di Zidane esempi di questa nuova modernità che sembra aver preso l’Europa. Ormai sono molti i sintomi. Conte ha vinto in Inghilterr­a dopo Ranieri e Ranieri aveva vinto subito dopo Ancelotti e Mancini. La stessa Juve è un riferiment­o obbligato in Champions, quindi nel Continente. Il Real di Zidane gioca un calcio che è una evoluzione diretta del nostro. Ed è avvenuta nel frattempo l’involuzion­e naturale di Guardiola e del Barcellona. Non è un ridimensio­namento, è un passo naturale. Poi toccherà a noi farci di nuovo da parte. Ma oggi vince questa potente evoluzione di un calcio empirico, pratico: non è più l’idea che va verso la palla, ma viceversa, è la palla a volere l’idea. Quindi, vincono velocità, movimento, ricerca svelta della profondità. Intelligen­za, non metodo. All’Olimpico ne abbiamo visti fortissimi accenni. Ma credo sia solo l’inizio. L’appuntamen­to è a Cardiff.

È solo l’inizio

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