Il racconto di Visconti non piace a Quintana
L’armistizio? Revocato. Il patto di non belligeranza? Stracciato. E la rassicurante formuletta «Quintana e Nibali hanno caratteri troppo diversi per essere amici, ma si rispettano»? Superata. Quella tra italiano e colombiano è ormai una guerra senza esclusione di colpi. Anche bassi. Anche per interposta persona. L’ha capito Giovanni Visconti, braccio destro dello Squalo, arrivato ieri al traguardo livido di rabbia e non solo per il mancato riaggancio al vincitore Fraile. «Non riesco a spiegarmi — racconta il palermitano — l’atteggiamento di Amador. In Movistar eravamo amici. Amici veri, mica solo compagni. Eppure lui si è sfinito per riprendermi quando cercavo di tornare sui fuggitivi. Gli ho chiesto il perché: mi ha mandato a quel paese». Il perché è nel ritratto di Quintana (al vetriolo) che Visconti ha dipinto al Corriere della Sera due giorni fa. Quel «Quintana padrepadrone che non parla con nessuno, sta sempre per conto suo, si demoralizza facilmente e non dice ai gregari nemmeno di avere la febbre» ha fatto imbufalire la Movistar e tolto ogni filtro diplomatico alla rivalità. E se fino a ieri si poteva pensare a un patto di non belligeranza per recuperare i due minuti abbondanti di ritardo da Dumoulin, da domani in poi ogni sgambetto è lecito. Visconti ha vissuto tre stagioni in Movistar e il suo passaggio alla neonata BarhainMerida, capitanata dal più diretto (e meno amato) rivale di Quintana è stato considerato alto tradimento dagli spagnoli. L’intervista ha fatto il resto. In un mercato dove i gregari di qualità come Visconti non abbondano, il fatto che i barheniti abbiano anche già un preaccordo per il 2018 con Gorka Izagirre, il forte scalatore Movistar che la settimana scorsa ha vinto la tappa di Peschici, ha gettato altra benzina sul fuoco. Dall’Oropa di pantaniana memoria (sabato) allo Stelvio e alle Dolomiti aspettiamoci di tutto. Chi dei due vorrà vincere la sfida (se ci sarà un vincitore) dovrà anche avere nervi saldissimi.
domenica si chiude in cima al muretto di Bergamo Alta. «Ogni metro d’ora in poi è utile per essere aggressivi» è la dichiarazione di guerra di Slongo. Se poi dovesse saltare lo Stelvio (strada pulita ma due metri di neve e meteo incerto: scenario remoto, non irreale), si salvi chi può.
Cresce in seno al gruppo, intanto, la statura da leader di Dumoulin. Ieri la maglia rosa ha tentato l’alleanza con Nibali. «Che si fa, giriamo tutti insieme?» gli ha chiesto prima dell’anello che portava sul Monte Fumaiolo. Per tutta risposta il Gattopardo ha cambiato marcia in salita. Un fuoco di paglia, però sintomo di salute. «Sto bene». Pure gli altri. Dumoulin pedala verso Piazza Duomo con faccia d’attore, inseguito dai gridolini delle fan e dal rumore dei nemici.