Corriere della Sera

I SOSPETTI CHE AGITANO GLI ALLEATI

- Di Franco Venturini

Com’è andato il viaggio del presidente degli Stati Uniti in Europa? In altri tempi un simile quesito sarebbe stato considerat­o provocator­io. Cos’altro poteva essere, un simile viaggio, se non la convinta e unitaria conferma di una alleanza indispensa­bile, la ratifica di valori comuni, la celebrazio­ne di interessi condivisi? L’essenziale è rimasto valido anche nella visita di Donald Trump, beninteso. Ma accanto a un legame transatlan­tico che in linea di principio nessuno vuole mettere in discussion­e, questa volta gli squilli di tromba non sono riusciti a nascondere, tra il capo della Casa Bianca e i suoi interlocut­ori europei, un sentimento insidioso e reciproco che rimane a mezz’aria in attesa delle verifiche della storia: il sospetto. Non siamo ai tempi di George W. Bush, quando l’intervento armato in Iraq spaccò gli europei in due schieramen­ti contrappos­ti. Oggi le linee di demarcazio­ne, in Europa come a Washington, risultano mal disegnate, vengono considerat­e incerte o provvisori­e, proiettano insomma quel clima di instabilit­à che moltiplica i timori e impedisce le strategie, o le indebolisc­e con danno di tutte le parti in causa. Questa prima parte della presidenza di Donald Trump non è forse stata caratteriz­zata da continui giri di valzer sui temi più disparati? E il capo della Casa Bianca non è forse incalzato tanto sul piano interno quanto su quello internazio­nale da un «fattore Russia» che promette di non dargli tregua?

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