I SOSPETTI CHE AGITANO GLI ALLEATI
Com’è andato il viaggio del presidente degli Stati Uniti in Europa? In altri tempi un simile quesito sarebbe stato considerato provocatorio. Cos’altro poteva essere, un simile viaggio, se non la convinta e unitaria conferma di una alleanza indispensabile, la ratifica di valori comuni, la celebrazione di interessi condivisi? L’essenziale è rimasto valido anche nella visita di Donald Trump, beninteso. Ma accanto a un legame transatlantico che in linea di principio nessuno vuole mettere in discussione, questa volta gli squilli di tromba non sono riusciti a nascondere, tra il capo della Casa Bianca e i suoi interlocutori europei, un sentimento insidioso e reciproco che rimane a mezz’aria in attesa delle verifiche della storia: il sospetto. Non siamo ai tempi di George W. Bush, quando l’intervento armato in Iraq spaccò gli europei in due schieramenti contrapposti. Oggi le linee di demarcazione, in Europa come a Washington, risultano mal disegnate, vengono considerate incerte o provvisorie, proiettano insomma quel clima di instabilità che moltiplica i timori e impedisce le strategie, o le indebolisce con danno di tutte le parti in causa. Questa prima parte della presidenza di Donald Trump non è forse stata caratterizzata da continui giri di valzer sui temi più disparati? E il capo della Casa Bianca non è forse incalzato tanto sul piano interno quanto su quello internazionale da un «fattore Russia» che promette di non dargli tregua?