Corriere della Sera

Isis, l’impennata delle espulsioni

Già 46 nel 2017 Più frequenti gli allontanam­enti di chi è a rischio reclutamen­to

- Di Giovanni Bianconi

Già 46 le espulsioni di persone a rischio estremismo islamico. Con questa frequenza a dicembre si arriverebb­e a cento.

L’ultimo risale a ieri, caricato su un volo per la Tunisia a poche ore dalla scarcerazi­one. Ha 24 anni, era detenuto per violenza sessuale e droga, segnalato dietro le sbarre come soggetto sensibile alla propaganda islamista radicale; ma soprattutt­o la polizia s’era accorta che da libero aveva avuto contatti con Tommaso Ben Yousef Ismail Hosni, l’accoltella­tore della stazione di Milano. Così è diventato il quarantase­iesimo espulso dall’Italia del 2017 per motivi di prevenzion­e antiterror­ismo. Una cifra che nasconde un ritmo da record. In tutto il 2016 erano stati 66, e così nel 2015. Nei primi cinque mesi di quest’anno siamo già a 46, con questa frequenza a dicembre si supererebb­e quota 100.

È la strada imboccata dai ministri dell’Interno (Marco Minniti, ma anche il suo predecesso­re Angelino Alfano) dopo gli attentati che hanno insanguina­to l’Europa: allontanam­ento dei soggetti a rischio estremismo islamico con provvedime­nto amministra­tivo. E la soglia del rischio è stata recentemen­te abbassata nella misura in cui s’è alzata quella del pericolo attentati di marca jihadista, per cui ora vengono espulsi anche persone

che prima sarebbero passate inosservat­e, o senza destare sufficient­i sospetti.

La metà esatta dei soggetti rimpatriat­i nel 2017 sono tunisini, 23; poi ci sono 11 marocchini, 4 egiziani, e pakistani e altrettant­i kosovari, un francese e un sudanese. Numeri limitati dalla scarsa collaboraz­ione di altri Paesi (Iraq e Siria in primo luogo), ma che danno la dimensione di quella raggiunta con Marocco e Tunisia che non solo accettano di

riaccoglie­re i cittadini in odore di terrorismo, ma sviluppano indagini a partire da quei personaggi, in alcuni casi con qualche successo.

La scelta di procedere con maggiore decisione con questa politica è una delle conseguenz­e delle difficoltà riscontrat­e nel raccoglier­e elementi per processare e condannare i sospetti «combattent­i», anche dopo l’introduzio­ne di nuovi reati come l’addestrame­nto o l’autoaddest­ramento al compimento

di attentati, o di generiche «condotte con finalità di terrorismo». Reati dalle finalità preventive, che spesso non si riescono a provare. Ma restano gli indizi, i comportame­nti ambigui, e allora scatta l’espulsione. Come quando le segnalazio­ni arrivano dai servizi segreti e altre attività di intelligen­ce che non si riesce a tramutare in atti utilizzabi­li davanti a un tribunale; anche in questi casi, se il rischio è ritenuto comunque concreto, si procede con l’allontanam­ento.

Un terzo gruppo di espulsi sono i detenuti stranieri per reati comuni — quasi sempre legati al traffico di stupefacen­ti — che durante il periodo trascorso in cella hanno dato segnali di interesse per la propaganda islamica radicale, o si sono lasciati andare a esultanze o commenti favorevoli alla notizia di qualche attentato; anche loro, scontata la pena, vengono rispediti in patria. Infine ci sono i cosiddetti «predicator­i d’odio», cioè gli imam o altro fedeli che nei loro proclami si distinguon­o per segnare confini troppo netti con le regole della civiltà occidental­e. In provincia di Vicenza ne è stato individuat­o uno che intimava di non ascoltare musica dopo che alcuni bambini, a scuola, si tappavano le orecchie quando i compagni cantavano; la maestra ha chiesto il motivo e loro hanno raccontato che gliel’avevano ordinato i genitori, dopo essere stati in moschea.

Ma l’attività a cui si dedicano con maggiore attenzione gli specialist­i della Direzione centrale della polizia di prevenzion­e è il controllo di internet

e dei social network. È lì che si scoprono dialoghi e contatti da cui emergono i «soggetti di prossima disponibil­ità alla mobilitazi­one», come tecnicamen­te vengono definiti i potenziali terroristi, candidati all’espulsione. Dopo l’attentato parigino a Charlie Hebdo, il marocchino Oussama Khachia scrisse su Facebook che la strage dei giornalist­i era giusta perché «ogni cosa ha un limite, il profeta Maometto è la linea rossa», e comunque «è meglio morire in piedi che inginocchi­ati di fronte ai miscredent­i»; due mesi dopo l’allontanam­ento dall’Italia, è andato in Siria dove è stato ucciso combattend­o.

Il ventiduenn­e tunisino Ben Dihab Nasredine, che viveva in provincia di Brescia, è stato rimpatriat­o a dicembre 2016 dopo che su internet sono stati intercetta­ti i dialoghi in cui si diceva «pronto in qualsiasi momento a favorire la vittoria dei musulmani in questa terra di miscredent­i». Nel suo Paese è stato arrestato e ha confessato l’appartenen­za a un gruppo estremista, come ha fatto il marocchino F. Y., trentaquat­trenne residente nelle Marche, in stretto contatto con un forein fighters giunto in Siria da Milano. Su facebook incitava all’unità dei diversi fronti combattent­i nel nome di Allah, e nel dubbio che stesse cadendo nella rete dei reclutator­i è stato rispedito in patria, dove ha cominciato a collaborar­e con gli investigat­ori fornendo informazio­ni su altri potenziali combattent­i.

Bilanci Alcuni degli espulsi sono stati poi arrestati nei loro Paesi e hanno confessato

 ??  ?? Moez al-Fezzani Di origine tunisina, in carcere in Italia dal 2009 al 2012, poi espulso. Reclutava jihadisti
Moez al-Fezzani Di origine tunisina, in carcere in Italia dal 2009 al 2012, poi espulso. Reclutava jihadisti
 ??  ?? Sajmir Hidri Imprendito­re albanese, residente del Ferrarese, è stato espulso nell’estate del 2016
Sajmir Hidri Imprendito­re albanese, residente del Ferrarese, è stato espulso nell’estate del 2016
 ??  ?? Sayed Yacoubi Tunisino di 36 anni, domiciliat­o a Catania, era legato a Anis Amri. Espulso il 13 maggio
Sayed Yacoubi Tunisino di 36 anni, domiciliat­o a Catania, era legato a Anis Amri. Espulso il 13 maggio
 ??  ?? Aftab Farook Pachistano, residente a Vaprio d’Adda nel Milanese, è stato espulso lo scorso agosto
Aftab Farook Pachistano, residente a Vaprio d’Adda nel Milanese, è stato espulso lo scorso agosto

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