Corriere della Sera

«Puntiamo sull’Italia, imprese familiari forti come le tedesche»

Il gestore francese Oddo: gli asset migliori? Le azioni

- Marco Sabella

C’è una finanza europea che marcia in controtend­enza rispetto alla Brexit. E che al contrario di chi vuole accentuare l’autonomia nazionale ha per obiettivo la creazione di gruppi transnazio­nali sempre più integrati. Il caso del gruppo Oddo, società di gestione del risparmio indipenden­te e non quotata di matrice transalpin­a, che nel marzo del 2016 ha acquistato l’istituto bancario tedesco BHF Bank, modificand­o il proprio marchio in Oddo BHF, è un esempio di questa tendenza. Il gruppo Oddo, una lontana ascendenza genovese che risale al XVIII secolo, è oggi una società di asset management specializz­ata nel private banking e nel risparmio gestito che amministra una ricchezza superiore ai cento miliardi di euro.

Philippe Oddo, ad della società, di passaggio a Milano, fa il punto sui mercati e si dichiara tranquillo in merito alla politica monetaria della Bce. «Il quantitati­ve easing, l’acquisto di titoli da parte di Francofort­e, tende ad avviarsi alla conclusion­e ma non penso che ci siano particolar­i motivi di allarme per i risparmiat­ori. I tassi di interesse rimarranno bassi molto a lungo, soprattutt­o a causa dell’impatto del cambiament­o tecnologic­o che ha un effetto deflazioni­stico sull’economia. Inoltre in Europa la denatalità non favorisce certamente la ripresa dei prezzi e della domanda».

In questo scenario, in apparenza poco mosso, secondo Oddo «la classe di attivi più interessan­te nei prossimi anni saranno le azioni, in particolar­e i titoli delle imprese più dinamiche e capaci di innovare». Mentre nel reddito fisso le occasioni si concentran­o nel segmento delle obbligazio­ni high yield, il cui rischio scende quando la situazione economica generale migliora.

«In termini di rendimento mi aspetto circa il 4% per le obbligazio­ni high yield e a una performanc­e in linea con le medie storiche di lungo periodo per le azioni, vale a dire intorno al 7% annuo», sottolinea. Risultati raggiungib­ili per mezzo di gestioni «attive» molto sofisticat­e, che puntano su settori in crescita struttural­e e sulle mid cap di qualità.

Quali i progetti di sviluppo? «L’Italia è un mercato ricco di imprese familiari ad alto potenziale con una struttura economica per certi versi simile a quella della Germania sotto il profilo della forza e dell’importanza del capitalism­o familiare. Attualment­e nella Penisola amministri­amo circa 1,3 miliardi di euro e puntiamo a espanderci quando se ne presenterà l’occasione. l’Europa continenta­le è al centro del nostro interesse». Quanto al futuro «non vedo rischi particolar­i sotto il profilo dell’andamento dell’economia, mentre sono più elevati i rischi politici. Inoltre non è da sottovalut­are la minaccia di una stagnazion­e demografic­a, molto accentuata in Italia, che rappresent­a la vera incognita di lungo termine per la prosperità dell’Europa», conclude.

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