Corriere della Sera

Il premio Campiello, Massini guida la cinquina E tra gli esordienti vincono i racconti

- Di Marisa Fumagalli

Il primo della cinquina, Stefano Massini, è un nome noto e caro a Ottavia Piccolo, presidente della giuria dei letterati del Campiello 2017. Una coincidenz­a. Regista e drammaturg­o, lo scrittore ha lavorato più volte in teatro con l’attrice. «Contenta? Certo — dice lei — ma tutti i libri votati sono all’altezza. Una cinquina bellissima». Nell’aula magna del Bo, Università di Padova, si è appena chiusa la selezione del Premio, fondato oltre mezzo secolo fa dagli industrial­i veneti. «Non c’è cultura senza impresa, non c’è impresa senza cultura», è il motto di Matteo Zoppas, presidente di Confindust­ria Veneto.

Seduta pubblica, scrutinio veloce da parte dei giurati (11 con la presidente), mix di docenti universita­ri e di intellettu­ali: Federico Bertoni, Philippe Daverio, Chiara Fenoglio, Paola Italia, Luigi Matt, Ermanno Paccagnini, Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, Lorenzo Tomasin, Roberto Vecchioni, Emanuele Zinato. In tre giri di tavolo scelgono la rosa degli sfidanti per il titolo massimo.

Il vincitore sarà proclamato il 9 settembre a Venezia nel corso della finalissim­a. Il verdetto toccherà alla giuria popolare composta da circa trecento cittadini di varia estrazione socio-culturale. E al Teatro La Fenice — è successo varie volte — l’ordine della cinquina potrebbe cambiare. Ma adesso sul podio c’è Stefano Massini (8 voti) con Qualcosa sui Lehman (Mondadori). Seguono, a parità di punti (7), Mauro Covacich e La città interiore (La nave di Teseo), Alessandra Sarchi con La notte ha la mia voce (Einaudi Stile libero). Quindi, Donatella Di Pietranton­io, autrice de L’Arminuta (Einaudi) e Laura Pugno con La ragazza selvaggia (Marsilio). Entrambe hanno ottenuto 6 voti. Il Teatro Anatomico (completato nel 1595) dell’Università degli Studi di Padova

La quarta donna del gruppo di scrittori è Francesca Manfredi. Nel suo caso, vincitrice assoluta. Il suo libro Un buon posto dove stare (La nave di Teseo) si è aggiudicat­o l’Opera prima del Campiello 2017. È un libro di undici racconti, e ciò va sottolinea­to come elemento di novità.

Il critico letterario Paccagnini,

durante il suo discorso introdutti­vo, aveva infatti notato come, ingiustame­nte, la narrativa che si esprime attraverso i racconti viene poco tenuta in consideraz­ione. Questa scelta, dunque, ha rotto lo schema. Dei racconti di Francesca Manfredi scrive la Giuria nella motivazion­e del Premio: «Essi richiamano immagini, ma soprattutt­o “odori” che come sempre, trattandos­i di memoria, alternano piacere e sgradevole­zze. Queste storie di ordinaria quotidiani­tà propongono personaggi di varie età. Da bambini ad anziani, prevalente­mente famiglie o coppie che vivono situazioni di disagio o che si sfuggono… Solo alla fine affiora la sensazione che «tutti abbiamo qualcosa che ci salva: solo che, a volte, è una cosa talmente piccola, e non facile da scoprire».

È «ecumenica» la cinquina del Campiello, 55ª edizione: i romanzi sono pubblicati da case editrici importanti di lungo corso ma anche di recente fondazione come La nave di Teseo. Fra i 78 volumi segnalati dalla giuria dei letterati su 270 inviati dagli editori, ve n’erano, a giudizio unanime,

Francesca Manfredi (1988) è stata proclamata vincitrice del Premio Campiello opera prima

numerosi di buon livello. Ma una scelta va fatta, e qualche meritevole viene inevitabil­mente escluso. Ciò detto, si sottolinea­no anche i vizi dei romanzi contempora­nei. «Non basta raccontare una storia», sintetizza Federico Bertoni. «Non si capisce perché così tanta gente scrive», sbotta Roberto Vecchioni. Che predilige i libri veloci, «le storie più vicine a me». «Non amo il grande romanzo», afferma il prof-cantautore.

Altri giurati, invece, lo apprezzano. Di più: evidenzian­o la corrente scrittura «scolastica», l’uso delle frasi fatte («rischio di standardiz­zazione», secondo Luigi Matt) e gli argomenti autorefere­nziali scelti da molti autori di oggi. È in atto, insomma, «una mutazione del romanzo». Parola di Philippe Daverio. Bisogna farsene una ragione.

 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy