Corriere della Sera

Risveglian­o Cannes

- Stefania Ulivi

Disperata Diane Kruger (40) in una drammatica scena di «Aus dem nichts», il film diretto dal regista turco tedesco Fatih Akin che potrebbe candidare la diva alla Palma per la miglior attrice DA UNO DEI NOSTRI INVIATI

L’orrore e la commozione per la strage di Manchester, per i morti di ieri in Egitto, i controlli antiterror­ismo, tra metal detector, poliziotti armati, barriere. Sul grande schermo la bomba che esplode con il suo carico di morte, interrogat­ivi e ombre.

Il corto circuito tra realtà e finzione, in un festival mai così blindato, arriva a un passo dalla fine con In the fade di Fatih Akin (La sposa turca, Soul Kitchen), in Italia in autunno. E lascia il segno. Una storia di dolore, tra ricerca di giustizia e riflession­e sulla vendetta, che il regista, nato a Amburgo da genitori turchi, affida alla sensibilit­à di Diane Kruger, per la prima volta a 40 anni impegnata a recitare nella sua lingua madre.

Con la sua Katja — trascinata in un incubo a occhi aperti dall’ordigno che uccide il marito Nuri e il figlio Rocco di sei anni — entra di prepotenza nella gara per la miglior interpreta­zione femminile di Cannes 70. «Sebbene sia una donna tedesca bionda con gli occhi azzurri, il suo personaggi­o è il mio alter ego. Questo è un film su un sentimento universale — spiega Akin —. Quando pensi da genitore che potrebbe capitare a te di perdere un figlio in un attentato, entri in un incubo che è diventata la nostra quotidiani­tà. Qualunque terrorista, non importa di quale fazione, è diventato la nostra ombra. Fare il film mi ha permesso di stabilire un dialogo con i miei incubi». Da un lato la sete di giustizia, dall’altro la tentazione di farsela da soli. «Katja rappresent­ata qualcosa che è latente dentro Coppia Diane Kruger e Fatih Akin ieri a Cannes di noi e che è bene che rimanga tale. Non mi interessa la prospettiv­a degli assassini, ma quella di chi subisce una perdita».

Lo spunto di cronaca per il film sono stati gli omicidi a sfondo xenofobo avvenuti tra il 2000 e il 2007 in Germania per mano dei neonazisti del Nsu e i processi che ne seguirono. «Lo scandalo è stato che per anni le autorità, l’opinione pubblica, la stampa ha pensato che gli assassini fossero turchi o curdi, magari trafficant­i di droga. In questo modo i morti sono morti due volte. E questo ha fatto salire la mia rabbia che scrivendo ho trasformat­o, viaggiando dentro le nostre ombre». Mentre scriveva e preparava il film, di attentati ne sono arrivate altri. «Bataclan, Nizza, Istanbul, Berlino. È una guerra mondiale, ci siamo dentro tutti. Viviamo in un mondo globalizza­to, io ne sono figlio e continuo a essere ottimista. Ma è bene guardare in faccia ai nostri dubbi».

Farlo, dice Diane Kruger, è stato molto doloroso. «Diventare Katja mi ha quasi ucciso, certe scene portavano con sé un dolore insostenib­ile» ammette. «Il ruolo mi ha fatto paura. Il suo viaggio mi ha commosso, lei è molto lontana da me, mi sono trasformat­a, sono saltata dentro alla sua vita a Amburgo. E diventando lei mi sono domandata: cosa farei se succedesse a me? Come si può vivere dopo quell’orrore e dopo aver cercato, inutilment­e, di avere giustizia?».

Quella di Katja, nel film, sarà un scelta estrema. «Non credo vada spiegato o giustifica­to. Ma io mi sono sentita Katja, la riconosco. Nel mio cuore sono tutte le Katja del mondo che perdono un figlio così». L’Amant double di François Ozon Aus dem nichts di Fatih Akin

da evitare interessan­te da non perdere capolavoro

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