MILANO (Duomo) 120 m
La Ferrari di Sebastian Vettel sfreccia a Montecarlo mentre alcune tifose prendono il sole (Afp) DAL NOSTRO INVIATO
Giacca blu, camicia bianca, Bernie Ecclestone si aggira nel paddock tenendo per mano la giovane moglie Fabiana Flosi. «Dov’è il nuovo?» si chiede stringendo mani e firmando autografi. L’ex re del circus, defenestrato dai nuovi padroni americani, guarda il «suo» mondo da una prospettiva capovolta.
Eppure qualche cambiamento s’inizia a intravedere, con aperture ai fan e più libertà alle squadre. Ma l’accelerazione arriverà poi. Fino al 2020 si corre con le attuali regole, però il cantiere va costruito adesso assieme agli accordi commerciali, materia spinosissima regolata dal patto della Concordia. «Un documento pessimo» lo ha definito l’uomo forte di Liberty, Chase Carey. Rottamarlo in cambio di un’intesa più stabile e di nuovi criteri che livellino la competizione, come accade nella Nba o nel football americano, è la missione. O l’utopia, secondo qualcun altro. Pensando al futuro la Formula 1 si specchia nel passato: trent’anni fa Ayrton Senna trionfava per la prima volta nelle strade del Principato, un decennio prima la Renault debuttava con il motore turbo e ieri Jean-Pierre Jabouille e Alain Prost giravano con le macchine d’allora. Fracasso e nostalgia.
L’atmosfera deve essere contagiosa se anche uno modernissimo come Toto Wolff, il capo della Mercedes, cede ai sentimentalismi e si fa portavoce di una campagna per aumentare i decibel dei motori. «È una caratteristica troppo importante per essere ignorata, ti dà la percezione della velocità». Lui se n’è accorto (in ritardo) guidando un’auto d’epoca alla Mille Miglia e ammette l’errore originale: «È un aspetto che abbiamo trascurato quando abbiamo sviluppato questa generazione di propulsori ibridi». C’è modo di riparare? Pare di sì, anche se tecnicamente la ricetta di base post-2020 resterà questa: V6 turbo abbinato ai moduli elettrici. «Perché è il massimo che la tecnologia può offrire: qualsiasi tecnico o ingegnere dice che per raggiungere quei valori di potenza (siamo oltre i 1.000 cv ndr) e di efficienza non c’è altra strada». Impossibile riportare le lancette ai V8 aspirati — «sarebbe anacronistico» — o far entrare un fornitore indipendente come chiede la Red Bull: «Che chance avrebbe contro quattro colossi (Mercedes, Ferrari, Renault e Honda) che spendono miliardi in ricerca e sviluppo?». Il tema è caldo e se passerà la linea del rumore, che tanti sostenitori trova, non saranno contenti solo i produttori di tappi per le orecchie.
Ma è non solo una questione di volume: il primo passo di Liberty è stato cercare di preservare le piste storiche della F1. Silverstone minacciava l’addio: è stato scongiurato. Dall’anno
I piani di Liberty
Riscrivere gli accordi, rivedere motori e circuiti: così Liberty Media cerca la svolta
prossimo tornerà il Gp di Francia (al Paul Ricard), si correrà di nuovo in Germania (a Hockenheim) mentre sparisce dal calendario la Malesia. Wolff, che ha un peso politico immenso nel paddock, sposa la scelta: «Alcuni circuiti sembrano aeroporti o parcheggi di un supermercato; per fortuna ci sono Monaco, Spa, Monza o Suzuka dove conta il coraggio e non puoi permetterti errori. E in posti così dobbiamo correre». Da un sondaggio realizzato dal network Motorsport, il Gp di Monaco è la gara più importante secondo i tifosi; appena dietro c’è il Gp d’Italia. Agli ultimi posti Bahrein, Cina e Russia. Per crescere, la F1 ha però bisogno anche di intercettare nuovi mercati: sarà importante coniugare modernità e tradizione. Ma oggi torna la parola alla pista: alle 14 Ferrari e Mercedes si giocano la pole.