«Carta Bianca», la verità sul caso Regeni inizia da Cambridge
Era il 25 gennaio del 2016 quando Giulio Regeni, dottorando italiano dell’Università di Cambridge di base al Cairo per condurre una ricerca sui sindacati degli ambulanti, è uscito di casa per recarsi a un appuntamento e non è più tornato. Il suo corpo senza vita, martoriato da giorni di torture eseguite da professionisti, è stato fatto ritrovare il 3 febbraio ai margini di una strada.
Da quel giorno, la sua famiglia, Amnesty International, le autorità italiane hanno incessantemente lavorato per trovare la verità su quanto gli è accaduto, per evidenziare le responsabilità egiziane, senza dimenticare quelle di Cambridge, che ha eretto un muro di silenzio intorno alla sua vicenda. «Carta Bianca» è andato in onda su Rai3 con una puntata speciale dedicata alla storia di Giulio e alla ricostruzione delle indagini che sono ancora in corso (giovedì, 21.20).
Queste iniziative sono importanti per tenere alta l’attenzione sulla sua storia, per far si che il suo caso non sia dimenticato. In studio erano presenti giornalisti che si sono occupati del caso che insieme all’avvocato della famiglia Regeni hanno provato a ricostruire gli eventi, con i dettagli emersi negli ultimi mesi. I momenti più utili per districarsi nel complicato scenario internazionale sono stati il documentario Nove giorni al Cairo realizzato da Carlo Bonini e Giuliano Foschini e l’intervento in studio dell’ex magistrato e ora scrittore Gianrico Carofiglio che ha puntato il dito su Cambridge. La supervisor di Giulio Regeni, la prof. Maha Abdelrahman, ha seguito i consigli dei legali dell’Università inglese e ha scelto di restare in silenzio.
Perché mandare un ricercatore a studiare le dinamiche del sindacato in un paese come l’Egitto, dove il regime controlla ogni attività? Una ricerca rischiosissima di cui non si conoscono bene gli scopi e di cui non è mai stata fornita una seria descrizione. La verità inizia da Cambridge!