Le larghe intese sui voucher
Il via libera con i voti di Forza Italia e Lega. Pd diviso. Camusso: ricorreremo
L’emendamento che reintroduce i voucher è stato approvato ieri in commissione alla Camera con 19 sì, 6 no e nessun astenuto, ma con i voti di una maggioranza diversa da quella che sostiene il governo. A favore si sono espressi, oltre a Pd, Ap e Scelta civica, anche Forza Italia e Lega Nord. Gli orlandiani sono usciti dalla commissione al momento del voto. Hanno detto no anche i 5 Stelle, Mdp e Si. Il voto finale alla Camera è atteso entro il 2 giugno: il governo intenzionato a porre la fiducia. Poi la palla passerà al Senato. Controffensiva della Cgil: «Faremo ricorso alla Corte costituzionale», avverte la segretaria generale Susanna Camusso, annunciando una manifestazione nazionale a Roma per sabato 17 giugno. Intanto sulla legge elettorale si tratta su listini e collegi. Si va verso l’accordo Pd-FI.
Gli «sherpa» che per il Pd seguono la materia elettorale stanno trascorrendo un fine settimana senza affanni perché già conoscono da giorni, virgola dopo virgola, il contenuto dei quattro emendamenti presentati da Forza Italia per trasformare il «Rosatellum» maggioritario, voluto dai dem, in un sistema tedesco proporzionale con sbarramento al 5%. E anche Danilo Toninelli (M5S) rivela che, oltre ai 35 emendamenti finalizzati «a fare a pezzi il “Rosatellum”», è pronto un «testo sul vero tedesco» ma che il via libera formale arriverà dopo la conclusione del referendum on line previsto ancora oggi tra gli iscritti.
Davanti a questa convergenza a tre sul proporzionale, i bookmaker raccolgono scommesse su un incontro RenziBerlusconi tra domani e martedì, il giorno in cui il segretario del Pd riunisce la nuova direzione. Il ministro Luca Lotti (Pd) è cauto su eventuali contatti
non riservati tra i due leader: «Non credo che la prossima settimana l’incontro sarà tra Berlusconi e Renzi, piuttosto si vedranno i gruppi parlamentari. Vediamo se Forza Italia fa sul serio e cosa dirà Grillo». Domani Renzi dovrebbe incontrare l’alleato Angelino Alfano (Ap) preoccupato di non superare il muro del 5%. Mentre Berlusconi può essere più esplicito di Renzi: «Probabilmente manca poco al momento in cui gli italiani potranno di nuovo scegliere da chi vogliono essere governati, se finalmente potremo avere una legge elettorale condivisa». Luigi Di Maio, invece, torna alla tattica per dire che «se Berlusconi e Renzi si vedono lo fanno per far fuori il M5S».
Il livello di accordo tra Pd e FI è avanzato anche nei dettagli — e potrebbe esserlo pure con i grillini dopo l’incontro Pd-M5S di domani — e prevede, per esempio, che il voto degli italiani all’estero non si svolga più per corrispondenza ma nei consolati. FI vuole «listini lunghi con sei candidati» nelle 27 circoscrizioni del proporzionale, mentre il Pd preferirebbe la seconda scelta offerta dagli azzurri: 50 collegi plurinominali con liste di quattro candidati. Invece i 303 collegi uninominali del «tedesco italianizzato» preoccupano i grillini, convinti di sfondare solo nel proporzionale dove è il simbolo a «tirare» i candidati. Il problema è risolto (interessa anche FI) con uno strappo sul «tedesco», che prevede due voti disgiunti sebbene su un’unica scheda: nell’«accordone» il voto è uno solo e la «x» posta sul nome del candidato trascina automaticamente il partito di appartenenza .
Resta l’incognita sulle elezioni (eventualmente) anticipate, contropartita dell’accordo Pd-FI. Molte le voci critiche sul «proporzionale che porta all’ingovernabilità» nell’area Pd: dopo Prodi («Devasta il Paese...») si sono fatti sentire i ministri Orlando e Delrio, qualche dubbio lo avevano espresso anche i renziani Richetti e Guerini. E altri che finora hanno parlato solo sussurrando.