Il Papa e il lavoro «Bisogno di tutti più del reddito»
Il leader dem lo elogia su Facebook. Ma il blog M5S replica: noi sulla stessa linea
«Quando l’economia diventa speculazione è spietata» dice il Papa a Genova.
Ha celebrato messa accanto al mare e prima che andasse via gli hanno intonato «Ma se ghe penso», il dolore dei migranti che andavano in America Latina, mentre il cardinale Bagnasco gli traduceva il testo. Francesco non era mai stato a Genova, da dove i nonni Giovanni e Rosa e il padre Mario si imbarcarono nel ’29 per l’Argentina: «Essere così vicino al porto mi emoziona». Guadagnarsi il pane, «la cultura che stima fatica e sudore», la dignità del lavoro. La visita del Papa comincia in un capannone dell’Ilva, travi d’acciaio e lucernari, caschetti gialli e blu, più di tremila lavoratori che lo guardano felici e stupefatti mentre cita l’articolo 1 della Costituzione, la Repubblica fondata sul lavoro, «è molto bello, possiamo dire che togliere lavoro, sfruttare la gente con un lavoro indegno o mal pagato è anticostituzionale». E poi scandisce: «Non bisogna rassegnarsi all’ideologia che sta prendendo piede ovunque e immagina un mondo dove solo metà o forse due terzi dei lavoratori lavoreranno, e gli altri saranno mantenuti da un assegno sociale. Dev’essere chiaro che l’obiettivo vero da raggiungere non è il reddito per tutti, ma il lavoro per tutti! Perché senza lavoro per tutti, non ci sarà dignità per tutti».
Detto nella città di Grillo, con i 5 Stelle impegnati sul reddito di cittadinanza, era chiaro avrebbe fatto discutere. Di lì a poco Renzi elogia su Facebook In Liguria Papa Francesco accolto dai lavoratori dello stabilimento Ilva di Cornigliano, uno dei quartieri di Genova
«il valore straordinario di ciò che ha detto il Papa» e lo fa proprio: «Non sussidi e assistenzialismo, ma crescita e lavoro». La stessa reazione di Grillo, impegnato ad attaccare in Rete i «piccoli leader che ne strumentalizzano le parole» e sostenere che il reddito di cittadinanza «va esattamente nella direzione» indicata da Francesco perché «permette di inserirsi nel mondo del lavoro».
Il Pontefice, per parte sua, guarda alla realtà della «dimensione umana». La stessa
che gli fa dire ai giovani di «non mangiare quello che ti servono nel piatto» e guardare oltre: «Orizzonte e coraggio!». O gli fa mormorare, al Gaslini: «Perché soffrono i bambini? Non trovo spiegazione. Solo guardo il Crocifisso e mi fermo lì». Il lavoro cambia e molti «nuovi valori» del «nuovo capitalismo» non sono umani. Come «la tanto osannata meritocrazia» che «snatura e perverte una parola bella, merito» e «sta diventando una legittimazione etica della disegua- Cantante Fabio Rovazzi
«Ho visto qualsiasi declinazione di “Andiamo a comandare”, ma non avrei mai potuto immaginare che il Papa, in qualche modo, potesse fare riferimento a una mia canzone. Sono onorato: non mi sarei mai aspettato niente del genere». Fabio Rovazzi non ha nascosto il suo stupore dopo che il Santo Padre ha invitato i giovani ad «andare a missionare». glianza», poiché «interpreta il talento come merito e non dono»: così «il povero è considerato un colpevole» e «i ricchi sono esonerati dal fare qualcosa».
Francesco pranza con poveri, detenuti, rifugiati. «Quando non si lavora o si lavora male, poco o troppo, è la democrazia che entra in crisi. Senza si può sopravvivere, ma per vivere occorre il lavoro. Non la pensione». Per chi è disoccupato «le feste diventano giorni di tristezza» e d’altra parte «senza il tempo della festa, il lavoro torna ad essere schiavistico, anche se superpagato». Francesco dà ragione a un imprenditore che si lamenta della burocrazia: «Si sa che regolamenti e leggi pensati per i disonesti finiscono per penalizzare gli onesti». Bisogna distinguere tra l’imprenditore che «è prima di tutto un lavoratore» e lo speculatore che «pensa di risolvere i problemi licenziando»: quando l’economia «passa nelle mani degli speculatori» perde «il contatto con i volti delle persone concrete» e «diventa essa stessa senza volto, spietata».