Corriere della Sera

Giro, all’ultimo secondo

- di Marco Bonarrigo e Gaia Piccardi

Venti tappe in tre settimane, 3579,8 km pedalati attraverso 15 regioni. Capelli cresciuti sotto i caschetti, barbe ormai lunghe, corridori diventati papà in corsa (Franco Pellizotti di Mia). E a 29.300 metri dal traguardo di Piazza del Duomo, oggi, quattro uomini sono ancora prigionier­i di 53 secondi.

Il Giro è viaggio. Racconto. Vita. È record quando si decide per un battito di ciglia: Fiorenzo Magni su Ezio Cecchi per 11’’, edizione 1948. Tra Nairo Quintana in maglia rosa e Vincenzo Nibali che ha ancora la voglia di inseguire ce ne sono 39’’. Thibaut Pinot è l’ombra dello Squalo (+4’’). E poi c’è Tom Dumoulin, ieri meno bello e pettinato del solito, chiamato a recuperare 53’’ nell’esercizio di stile che gli riesce meglio: quell’apnea infinita vestiti da marziani che chiamano crono.

Comunque vada a finire, il Giro cento è stato un Giro super. Nel 2012 il canadese Hesjedal soffiò allo spagnolo Rodriguez la corsa rosa proprio all’ultima tappa, una crono, per uno sternuto e un colpo d’ala (16’’). Saranno pochi di più quelli che a Milano dirimerann­o una questione lunga come tutta l’Italia tra un colombiano cresciuto sulle Ande, un siculo orgoglioso, un francese che porta la voglia di grandeur tatuata addosso («Solo la vittoria è bella») e un olandese mutante che tra Blockhaus e Alpi ha saputo cambiare pelle, da cronoman a passista-scalatore, con una trasformaz­ione alla Fregoli che, spesso, ha lasciato sul posto i rivali. «Il mio favorito resta Tom» dice Pinot dopo aver vinto una tappa in cui è cambiato tutto per non cambiare niente. Scalato il Monte Grappa, nei tascapane una classifica

già cortissima, sulla salita di Foza, ultimo gran premio della montagna (11 km, pendenza massima 11%), cominciano i dispettucc­i tra compagni d’avventura. Nibali punge, Dumoulin soffre; Quintana, Pinot, Zakarin e Pozzovivo, l’eroico Pozzo, rispondono. Le gambe sono frolle, le menti stanche. Per staccare sul serio l’orange bisognereb­be avere il coraggio di affondare il coltello fino all’elsa ma nessuno ha la forza di osare e dietro, con distacchi variabili e sempre fluidi (fino a +22’’), Dumoulin trova alleati per strada — Yates, Jungels, Mollema («Mi sono ucciso a inseguire: non li ringrazier­ò mai abbastanza» dirà Tom, grato) — con cui stringere un patto di non belligeran­za. Collaboran­o d’amore e d’accordo, i suiveurs, mentre davanti lo Squalo e il Condor bisticcian­o, chiedono di tirare l’uno all’altro, Zakarin non collabora, Pozzo è già contento di essere stato invitato al party del tatticismo, che purtroppo non vale abbuoni. Giù in discesa, verso Asiago, e poi nel toboga delle transenne, non ci sono più energie né margine per un allungo fatale all’olandese, che piomba a valle in posizione da crono (appena +15’’), vede i nemici all’orizzonte, sospira di sollievo: «Non è finita finché è finita, ma sono ancora in gioco».

Ogni centimetro d’asfalto, da Monza a Milano, può valere il Giro 2017. Nibalino s’aggrappa all’ispirazion­e («Sarà durissima però Dumoulin ha lavorato molto ieri, sarà stanco come noi, che abbiamo le forze al limite») e alle congiuntur­e astrali. Quintana, faccia di pietra, ha un barlume d’umanità: «Devo fare la crono della vita. Non siamo macchine, non cambiamo marcia e via». Contro il cronometro, senza imprevisti, è pura matematica. La crono del Sagrantino ha orientato la corsa e quella del Duomo la sigillerà. Ma anche l’anno scorso sembrava perduta e più di una volta, nel passato, tra Vuelta, Tour e Giro gli dei del ciclismo hanno deciso che due più due fa Nibali.

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Vincenzo Nibali all’attacco nella tappa di Asiago
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 ??  ?? Favorito Tom Dumoulin cerca sul suo terreno, la cronometro, la consacrazi­one al Giro (LaPresse)
Favorito Tom Dumoulin cerca sul suo terreno, la cronometro, la consacrazi­one al Giro (LaPresse)

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