Pd e 5 Stelle allineati al 30% Ap e Mdp sotto il 5% FdI è sul filo
Ècome se si giocassero due campionati paralleli. Da un lato, quello delle forze politiche maggiori, per le quali la sfida è individuare, nel vasto campionario dei sistemi elettorali, quello che garantisce la governabilità (leggi una maggioranza netta, senza necessità di coalizioni o sante alleanze). E ad ora, pare profilarsi un’intesa tra Pd, Forza Italia e Lega, allargabile a Mdp e M5S (sondaggio sul blog di Beppe Grillo permettendo), sul modello tedesco, che prevede un proporzionale con sbarramento del 5 per cento. Dall’altro, proprio partendo dal sistema scelto, c’è il campionato della sopravvivenza. Per Fratelli d’Italia, per i centristi (da Alternativa popolare all’ex Scelta civica), per le varie anime della sinistra è davvero questione di vita o di morte. E i sondaggi sono compulsati con il batticuore. L’ultima rilevazione sulle intenzioni di voto realizzata dalla Ipsos di Nando Pagnoncelli, relativa a venerdì scorso, se si prende per buono lo sbarramento del 5 per cento, cala una mannaia impietosa su tutti i piccoli partiti. Chi se la gioca sul filo è la creatura politica di Giorgia Meloni, accreditata di un 4,6 per cento (ma ad aprile si attestava al 5,2 per cento). Per gli altri, l’asticella è molto, troppo in alto se non intervengono scelte più coraggiose (anche solo per necessità elettorale). Gli sguardi sono rivolti soprattutto al vasto arcipelago della sinistra. Mdp con il 2,8
per cento e Sinistra italiana con il 2,2 per cento (uno 0,9 per cento viene attribuito a Rifondazione-Idv-Verdi) da soli non vanno da nessuna parte. Se si unissero, magari con il contributo del Campo progressista di Giuliano Pisapia, l’agognata soglia sarebbe a portata di mano. Ma la storia politica italiana ha più volte dimostrato che si ottengono più consensi presentandosi separati piuttosto che uniti in patti o unioni di convenienza che non convincono del tutto gli elettori. Al centro la situazione appare ancora più critica. Al partito di Angelino Alfano viene assegnato un 2,1 per cento che spiega la ragione per cui lo sbarramento otterrebbe il via libera solo se la soglia fosse abbassata al 3 per cento. Per le altre formazioni di centro, fatto salvo il caso di alleanze al momento piuttosto improbabili (con i dubbi già espressi a sinistra), il salto dell’ostacolo è una vera mission impossible. Se torniamo al campionato dei grandi, invece, si conferma il testa a testa tra Movimento 5 Stelle (tornato leggermente in testa con il 30,5 per cento) e Pd (30,4). E poi c’è il polo di centrodestra, che se mettesse a fattor comune Forza Italia (13,2 per cento), Lega Nord (12,8) e Fratelli d’Italia (4,6) se la giocherebbe con un 30,6 per cento complessivo con gli avversari dem e pentastellati. Ma appunto, qui le ragioni meramente aritmetiche devono fare i conti con quelle politiche. Ecco perché la scelta del sistema elettorale ha un peso non trascurabile. Viste anche talune differenze di posizioni e di toni con Matteo Salvini, Silvio Berlusconi sembra preferire il sistema tedesco in modo che ciascuno pesi per quel che vale. Una sorta di «competition is competition» di prodiana memoria che ad urne chiuse consentirebbe a ciascuno di imboccare la propria strada. A cavallo tra le larghe intese e l’opposizione pura e dura.