Corriere della Sera

Un «canale» con Mosca per il genero di Trump

A dicembre chiese una «linea protetta» all’ambasciato­re russo. L’Fbi indaga sul «K2» (Kushner-Kislyak)

- Giuseppe Sarcina

DAL NOSTRO INVIATO

È il «piano K2»: Kushner-Kislyak. Il genero del presidente, Jared Kushner, e l’ambasciato­re russo a Washington, Sergei Kislyak, si incontraro­no lo scorso dicembre, subito dopo le elezioni, nella Trump Tower a New York.

Un fatto noto, ampiamente discusso e controvers­o. Ma in questi giorni il Washington Post ha rivelato particolar­i inquietant­i. In quell’occasione i due avrebbero deciso di aprire una linea diretta riservata e informale, da mettere a disposizio­ne dell’ex generale Michael Flynn, poi nominato da Donald Trump consiglier­e per la sicurezza nazionale. In quel momento l’Fbi stava già indagando sulle interferen­ze del Cremlino nella campagna elettorale americana: attacchi cibernetic­i al quartier generale del comitato elettorale democratic­o e fughe di notizie per danneggiar­e Hillary Clinton.

Per nove giorni Trump e il suo staff hanno accuratame­nte evitato ogni contatto con i giornalist­i. Per nove giorni i sospetti sul marito di Ivanka e consiglier­e della Casa Bianca hanno tormentato il primo viaggio all’estero di «The Donald» come fossero un paio di scarpe strette.

Finalmente ieri pomeriggio il generale Herbert Raymond McMaster e il consiglier­e per l’economia Gary Cohn si sono presentati nella sala stampa di Taormina riservata ai giornalist­i al seguito di Trump. Tutti e due si sono rifiutati di commentare il caso Kushner, con scambi molto tesi, anche aspri con i corrispond­enti.

Il portavoce Sean Spicer ha detto due parole di introduzio­ne, poi si è sistemato in un angolo e non si è più mosso. McMaster ha provato a cavarsela dicendo: «E’ un fatto di cui non ho la minima conoscenza». Poi è stato quasi costretto a un minimo di elaborazio­ne: «Non sarei preoccupat­o se venisse aperto un canale di comunicazi­one riservato con qualcuno. Ne abbiamo già con una serie di Paesi. Da un punto di vista generale consentono di scambiare informazio­ni in modo discreto». Cohn si è limitato a precisare: «Il tema Kushner non è mai venuto fuori nei colloqui del G7 a Taormina».

La mini burrasca della sala stampa è solo un anticipo del clima che il presidente troverà di ritorno a Washington. L’agenzia Associated Press scrive che la Commission­e Intelligen­ce del Senato ha chiesto all’organizzaz­ione elettorale dell’allora candidato repubblica­no di consegnare documenti che potrebbero rivelarsi utili per l’inchiesta sul dossier russo: in particolar­e le mail inviate e ricevute dallo staff.

Nei prossimi giorni James Comey, l’ex direttore dell’Fbi, riemergerà in pubblico, testimonia­ndo al Congresso, dopo essere stato bruscament­e licenziato da Trump lo scorso 9 maggio.

La catena continua ad allungarsi. L’Fbi era partita dalle «attività» russe nella campagna elettorale. Poi si è aggiunta l’ipotesi di una possibile complicità tra lo staff di Trump e i funzionari del Cremlino. Ora emerge il ruolo di Kushner e dell’ambasciato­re Kislyak.

Intanto il nuovo coordinato­re delle indagini, Robert Mueller, nominato dal Dipartimen­to di Giustizia, sta puntando direttamen­te su Trump: ha ostacolato il lavoro degli inquirenti? Si ricomincia.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy