Un «canale» con Mosca per il genero di Trump
A dicembre chiese una «linea protetta» all’ambasciatore russo. L’Fbi indaga sul «K2» (Kushner-Kislyak)
DAL NOSTRO INVIATO
È il «piano K2»: Kushner-Kislyak. Il genero del presidente, Jared Kushner, e l’ambasciatore russo a Washington, Sergei Kislyak, si incontrarono lo scorso dicembre, subito dopo le elezioni, nella Trump Tower a New York.
Un fatto noto, ampiamente discusso e controverso. Ma in questi giorni il Washington Post ha rivelato particolari inquietanti. In quell’occasione i due avrebbero deciso di aprire una linea diretta riservata e informale, da mettere a disposizione dell’ex generale Michael Flynn, poi nominato da Donald Trump consigliere per la sicurezza nazionale. In quel momento l’Fbi stava già indagando sulle interferenze del Cremlino nella campagna elettorale americana: attacchi cibernetici al quartier generale del comitato elettorale democratico e fughe di notizie per danneggiare Hillary Clinton.
Per nove giorni Trump e il suo staff hanno accuratamente evitato ogni contatto con i giornalisti. Per nove giorni i sospetti sul marito di Ivanka e consigliere della Casa Bianca hanno tormentato il primo viaggio all’estero di «The Donald» come fossero un paio di scarpe strette.
Finalmente ieri pomeriggio il generale Herbert Raymond McMaster e il consigliere per l’economia Gary Cohn si sono presentati nella sala stampa di Taormina riservata ai giornalisti al seguito di Trump. Tutti e due si sono rifiutati di commentare il caso Kushner, con scambi molto tesi, anche aspri con i corrispondenti.
Il portavoce Sean Spicer ha detto due parole di introduzione, poi si è sistemato in un angolo e non si è più mosso. McMaster ha provato a cavarsela dicendo: «E’ un fatto di cui non ho la minima conoscenza». Poi è stato quasi costretto a un minimo di elaborazione: «Non sarei preoccupato se venisse aperto un canale di comunicazione riservato con qualcuno. Ne abbiamo già con una serie di Paesi. Da un punto di vista generale consentono di scambiare informazioni in modo discreto». Cohn si è limitato a precisare: «Il tema Kushner non è mai venuto fuori nei colloqui del G7 a Taormina».
La mini burrasca della sala stampa è solo un anticipo del clima che il presidente troverà di ritorno a Washington. L’agenzia Associated Press scrive che la Commissione Intelligence del Senato ha chiesto all’organizzazione elettorale dell’allora candidato repubblicano di consegnare documenti che potrebbero rivelarsi utili per l’inchiesta sul dossier russo: in particolare le mail inviate e ricevute dallo staff.
Nei prossimi giorni James Comey, l’ex direttore dell’Fbi, riemergerà in pubblico, testimoniando al Congresso, dopo essere stato bruscamente licenziato da Trump lo scorso 9 maggio.
La catena continua ad allungarsi. L’Fbi era partita dalle «attività» russe nella campagna elettorale. Poi si è aggiunta l’ipotesi di una possibile complicità tra lo staff di Trump e i funzionari del Cremlino. Ora emerge il ruolo di Kushner e dell’ambasciatore Kislyak.
Intanto il nuovo coordinatore delle indagini, Robert Mueller, nominato dal Dipartimento di Giustizia, sta puntando direttamente su Trump: ha ostacolato il lavoro degli inquirenti? Si ricomincia.