Le chat dei genitori fanno male ai figli
La circolare della preside che invita a usare meno (e meglio) WhatsApp
Così «non si fa il bene dei ragazzi, li si danneggia, lasciamoli crescere, è proprio alle scuole medie che cominciano a imparare le regole».
Anche perché «in classe ci vanno i figli, non padri e madri», considera anche Daniele Novara, pedagogista, scrittore e direttore del Centro psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti di Piacenza, nonché fondatore della «Scuola dei genitori». Definisce «devastanti» i gruppi WhatsApp («Ormai materia per cabarettisti») dove «un graffio di una bimba a scuola diventa un attentato terroristico, nascono come gruppi di servizio e poi diventano di “servizievolezza”, dove si enfatizzano cose naturali della vita scolastica dei figli facendole diventare tragedie».
Novara ricorda invece che «il ruolo del genitore è di creare le condizioni perché il figlio frequenti la scuola, non frequentarla al suo posto: questa è un’indebita ed eccessiva intromissione che non va bene e che spesso viene legittimata dalla scuola: l’equivoco più grosso sono i gruppi WhatsApp di genitori e docenti».
Invece i ragazzi hanno bisogno di chiarezza, «di distinzione netta dei ruoli», aggiunge la psicoterapeuta Maria Rita Parsi, che il prossimo settembre dal Comune di Magenta farà partire la prima Scuola di alta formazione famigliare: «Le chat dei genitori aggiungono altra confusione creando danni profondi nelle relazioni studenti-insegnanti».
Però i «grazie» che la preside Latrofa ha ricevuto forse dimostrano che non tutto è perduto. «Queste chat la dicono lunga sul bisogno di dialogo e confronto che madri e padri hanno, perciò serve un lavoro di gruppo tra famiglie ed educatori: insieme avremmo un potenziale educante eccezionale che potrebbe combattere tanti disagi di queste generazioni».