Non siamo nati calciatori Consapevoli di essere fortunati, desiderosi di aiutare gli altri (nonostante le invidie). L’appello di Marchisio per i migranti e l’impegno sociale di Thuram, Zanetti, Drogba & co
la sincerità umana che altri non hanno, avvezzi come sono al tran tran retorico-televisivo post partita: «Questa è la legge del calcio, la palla è rotonda» e poco più.
Un mondo blindato? Sì, ma meno che in passato. Visto che le eccezioni, e notevoli, non mancano. Anche Lilian Thuram, il difensore francese del Parma e della Juve, non è nato calciatore. E lo sa bene specie adesso che è «in pensione», tant’è vero che in un libro, intitolato Per l’uguaglianza, ha raccontato la propria infanzia povera in Guadalupa e poi, con l’emigrazione della famiglia (senza padre), il razzismo subìto a Parigi. La sua idea guida che il calcio è uno spazio pubblico da cui si trasmettono valori civili portò Thuram, nel 1998, a polemizzare con JeanMarie Le Pen che lamentava l’eccesso di giocatori neri nella Nazionale francese. Con la Fondazione che porta il suo nome, Thuram è impegnato in ambito educativo, contro ogni discriminazione.
E se non è il solo, va segnalato che la sensibilità dei più è suggerita spesso da ragioni autobiografiche, cioè da memorie coloniali familiari più o meno dirette. Clarence Seedorf, tra l’altro ex Milan e Inter, olandese di origine surinamese, nel 2005 ha fondato «Champions for Children», che fornisce assistenza educativa e sanitaria nei paesi poveri. Il franco-ivoriano, e pacifista attivo, Didier Drogba ha una sua struttura che si occupa di combattere la malaria in Africa. Il nigeriano Nwankwo Kanu, che ogni interista dovrebbe ricordare, dopo aver scoperto i propri gravi problemi cardiaci ha messo su un’associazione per soccorre i bambini malati di cuore nel suo paese.
Per non dire dell’impegno a tutto campo (umanitario) del campione del mondo tedesco di origine turca, Mezut Özil. E ancora: Zinedine Zidane, David Beckham, Leo Messi e Cristiano Ronaldo, Xavier Zanetti… Oggi il vicepresidente dell’Inter aiuta i minori dei sobborghi complicati di Buenos Aires in cui lui stesso è faticosamente cresciuto. Il Capitano nerazzurro sa, come Marchisio, che nessuno è nato calciatore. E che il mondo è appena fuori.