Corriere della Sera

Il riscatto di Michela dall’infanzia difficile «Ero senza famiglia adesso so volare»

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va a fare un giro in centro a Vicenza. Passa da una bancarella che cuoce frittelle e Michela ne vorrebbe una: fino a quel giorno non ha mai potuto permetters­elo, perché toccava a lei cercare di far bastare i pochi soldi che c’erano in casa per le necessità più impellenti. Anna e Serena capiscono al volo cosa sta pensando la ragazzina e la rassicuran­o : «Prendi quello che ti piace, ci pensiamo noi». Michela riflette oggi: «Non avevo bisogno di quella frittella in realtà, ma di qualcuno che mi chiedesse come stavo quando ero giù, che mi sgridasse se non facevo i compiti, che mi comprasse un uovo di Pasqua o un regalo a Natale». La vita nel Villaggio Sos comincia il lunedì successivo, in una situazione di semi-autonomia: Il tatuaggio L’aquilone che Michela si è tatuata su un braccio. Spiega: «Non significa scappare via, ma poter volare» per Anna c’è un appartamen­to dove dorme, mentre negli spazi collettivi mangia e studia. «Non volevo più andare a scuola, mi vergognavo con i miei coetanei della mia situazione. Però sapevo che un diploma mi sarebbe servito». Michela viene aiutata anche a recuperare le materie, in quel contesto più sereno ritrova voglia di fare e mette tutto il suo impegno: ad agosto supera gli esami all’alberghier­o, l’anno dopo arriva il diploma di terzo livello e poi si iscrive al quarto anno. Nel frattempo fa due stage di lavoro e viene inserita nel progetto «Pane quotidiano» con il forno che funziona all’interno del Villaggio. Si appassiona, quasi che impastare le farine sia un po’ come dare forma a una vita nuova: «Volevo riscattarm­i dalla mia infanzia così difficile, volevo dimostrare a me stessa che avrei potuto costruirmi un futuro con le mie forze».

Alla fine del quarto anno la

Il lavoro

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