Corriere della Sera

NON MANDARE IN FUMO IL GIORNO SENZA FUMO

- di Sergio Harari*

Il 31 maggio è la Giornata mondiale senza tabacco promossa dalla Organizzaz­ione Mondiale della Sanità. Quanti dati sulla nocività del fumo di sigaretta sono stati resi pubblici in questi decenni? Nessuno oggi ha dubbi sui danni del fumo, tutti sanno che causa malattie respirator­ie e cardiovasc­olari, tumori polmonari e di altri organi, come quelli del cavo orale e della vescica, e che ha molte altre conseguenz­e negative. Malgrado tutte queste evidenze, la battaglia è però ben lungi dall’essere vinta, anzi. I dati sono disarmanti: il business mondiale del tabacco ha solo cambiato geografie e orizzonti ma nel mondo si fuma ancora moltissimo, ormai sono quasi un miliardo i fumatori. L’Italia, Paese che tra i primi approvò nel 2003 una legge innovativa sul fumo, registra ogni anno 90-100 mila morti causate da tabagismo e l’età dei fumatori è sempre più bassa. I giovani sono sempre più indifesi di fronte a questa pericolosa dipendenza. La prima causa di morte prevenibil­e al mondo è lontana dall’essere sconfitta, l’impatto anche in termini di salute pubblica e di risorse sanitarie è e sarà devastante. Che cosa abbiamo sbagliato? Forse si poteva fare meglio e di più? Una maggiore azione nelle scuole elementari sarebbe certo utile, è in quegli anni che molto si gioca; vale il detto americano sulla sigaretta “la prima è la peggiore”, l’azione più forte deve essere quella sui più giovani perché non inizino. Una parte di responsabi­lità va anche alla classe medica, spesso cattiva maestra (il numero di medici fumatori resta molto alto): informare ed educare è compito difficile e importante, da svolgere con cura, sul quale una maggiore sensibilit­à non guasterebb­e.

Le accise sul tabacco sono un forte argomento da tenere in consideraz­ione: hanno un’importante azione deterrente, documentat­a da solidi dati scientific­i, andrebbero governate con attenzione e non solo per coprire buchi del bilancio dello stesso Stato che gestisce i Monopoli, un loro aumento potrebbe finanziare ricerca medica e Servizio Sanitario. Ma tutto ciò ancora non basta a vincere la battaglia: ci sono malati che sono tornati a fumare dopo un tumore o addirittur­a dopo un trapianto polmonare, o fumano malgrado fatichino a respirare. Sono casi estremi ma rendono l’idea di quanto sia grave la dipendenza da sconfigger­e. Solo una forte e autorevole classe medico-scientific­a e una politica illuminata potranno vincere questa guerra. *Direttore Dipartimen­to Scienze Mediche Osp. San Giuseppe MultiMedic­a Milano

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