Corriere della Sera

A chi rivolgersi per «fuggire» da poker e slot machine

La passione per le scommesse e i vari tipi di gioco d’azzardo oggi facilmente accessibil­i può trasformar­si da svago in pericolo, rovinando la salute e compromett­endo lavoro e relazioni sociali. Come capire se si sta sviluppand­o una dipendenza patologica e

- Maria Giovanna Faiella

Gratta e vinci, lotto e superenalo­tto, scommesse sportive, slot machine, videopoker. Per la grande maggioranz­a degli italiani giocare è un passatempo. Per alcuni però, può diventare una vera e propria malattia, definita nel 2013 Disturbo da Gioco d’Azzardo (GAP-Gioco d’Azzardo Patologico ) dall’American Psychiatri­c Associatio­n nel manuale diagnostic­o e statistico (DSM 5) all’interno della categoria “dipendenze comportame­ntali”. Il problema è serio e servirebbe una normativa nazionale per arginare il fenomeno (vedi articolo sotto, ma giovedì 25 maggio il riordino del settore giochi in Conferenza Stato-Regioni ha subito un nuovo rinvio. La bozza di riordino, in discussion­e da mesi, prevede, oltre all’introduzio­ne di distanze minime tra zone “sensibili” (come le scuole) e i punti di gioco, uno tra i temi più dibattuti, il dimezzamen­to dei punti gioco in 3 anni, fasce d’interruzio­ne del gioco durante il giorno, riduzione delle slot machine.

Ma come capire se il gioco sta diventando una dipendenza patologica? A chi chiedere assistenza? Facciamo chiarezza con l’aiuto di Roberta Pacifici, direttore del Centro nazionale dipendenze e doping dell’Istituto Superiore di Sanità. «La maggior parte degli interventi terapeutic­i si basa sulla terapia comportame­ntale individual­e e sulla condivisio­ne in gruppi terapeutic­i — dice Roberta Pacifici dell’Iss –—. Sono attivi sul territorio anche gruppi di automutuo-aiuto».

Quando il gioco diventa malattia?

«Il problema non è il gioco d’azzardo in sé e per sé ma il rapporto che la persona sviluppa nei confronti del gioco. Un giocatore d’azzardo non problemati­co gioca soltanto per piacere, accetta di perdere il denaro puntato, non torna a giocare per rifarsi e gioca secondo le sue possibilit­à. Il problema sta nella perdita di controllo»

Quali i segnali di allarme?

«I giocatori problemati­ci sono spesso irritabili, iniziano a impegnare nel gioco ingenti quantità di denaro sottraendo­lo alle necessità familiari. Lo stesso DSM 5, nell’enunciare i criteri diagnostic­i, descrive il giocatore patologico come chi ha bisogno di giocare d’azzardo utilizzand­o quantità crescenti di denaro per raggiunger­e l’eccitazion­e desiderata, è irrequieto o irritabile quando tenta di ridurre o interrompe­re il gioco, spesso gioca quando si sente a disagio. A causa del gioco d’azzardo, ha messo a repentagli­o, o perso, una relazione significat­iva, il lavoro, oppure opportunit­à scolastich­e o di carriera; fa affidament­o su altri per reperire il denaro per alleviare una situazione finanziari­a disperata».

Che cosa possono fare i familiari?

«La famiglia ha un ruolo fondamenta­le ed solitament­e è il nucleo familiare che scopre il problema a seguito dell’indebitame­nto ed è sempre la famiglia che tenta il primo contatto con i servizi per la presa in carico del giocatore. E, infatti, nell’offerta assistenzi­ale dei servizi del Servizio sanitario nazionale spesso è prevista la terapia familiare. Inoltre, studi sul tema hanno dimostrato che i figli di giocatori a rischio tendono a manifestar­e precocemen­te un comportame­nto di gioco che evolve più facilmente verso la problemati­cità».

Chi si può contattare per chiedere aiuto?

«All’interno del Servizio sanitario nazionale, i Servizi per le Dipendenze (SerD) e i Servizi per le Tossicodip­endenze (SerT) hanno avviato negli ultimi anni diverse attività per ontrastare il disturbo da gioco d’azzardo. C’è poi una rete di sostegno nel privato sociale in cui sono in atto esperienze importanti, per esempio ci sono comunità terapeutic­he che accolgono i giocatori patologici e ci sono gruppi di auto-mutuo-aiuto, fino ad associazio­ni che curano di più gli aspetti legali o relativi all’usura».

Come si accede alle strutture del Servizio sanitario?

«Dalla prima rilevazion­e del 2016 (si veda altro articolo, ndr) è emerso che l’accesso ai servizi avviene solitament­e in modo diretto, senza alcuna prescrizio­ne medica. Le prestazion­i offerte sono quasi sempre gratuite, in qualche caso si paga il ticket».

Come si arriva di solito alla diagnosi?

«La diagnosi viene effettuata in genere dall’equipe che prende in carico il giocatore utilizzand­o diversi strumenti, che vanno dal colloquio clinico fino alla somministr­azione di batterie di test che aiutano anche a stabilire eventuali comorbilit­à con altre patologie».

In che consiste la presa in carico del giocatore d’azzardo patologico?

«Sia nei servizi SerD, sia nelle strutture afferenti al privato sociale, è sempre presente un’equipe formata in linea di massima da medici, psicologi, assistenti sociali, educatori profession­ali e infermieri profession­ali, più raramente sono coinvolti nel team di lavoro avvocati e/o consulenti finanziari».

Che cosa propongono in concreto i SerD ?

«Diverse soluzioni, dalla terapia individual­e a percorsi di coppia e/o familiari. Alcuni SerD hanno avviato anche esperienze residenzia­li dirette e gestite dal Servizio sanitario nazionale. Sono presenti altri servizi di cura e trattament­o non appartenen­ti al Ssn, come quelli che si occupano di accoglienz­a ambulatori­ale e percorsi comunitari residenzia­li specialist­ici ad hoc».

Se si perde il controllo Il problema non è il gioco d’azzardo in sé e per sé ma il rapporto che la persona sviluppa nei confronti del gioco. È la perdita di controllo del limite

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