Corriere della Sera

Odiate i rumori fastidiosi? Forse siete misofonici

Alcuni suoni specifici possono innescare una reazione «combatti o fuggi». Per chi ne soffre si tratta di un vero disturbo, invalidant­e

- R.Co.

vete mai provato un effetto tipo scossa elettrica alla nuca, quando qualcuno rumina un chewing gum oppure accartocci­a il sacchetto delle patatine? Siete mai stati sul punto di trasformar­vi in incredibil­i Hulk, di fronte al pianto ininterrot­to di un bambino o al tambureggi­are del tergicrist­alli sul parabrezza magari con stridio finale da accapponar­e la pelle?

Bene, allora potreste soffrire di misofonia, una parola che deriva dal greco e significa estrema avversione o odio (misos) del suono (phonè). Fino a quindici anni fa, a nessuno sarebbe venuto in mente che la reazione “combatti o fuggi” innescata dallo stridio del gesso sulla lavagna -roba d’altri tempi - o dalla forchetta che raschia un piatto fosse il sintomo di un disturbo vero e proprio. Soltanto nel 2001 Pawel Jastreboff , professore di Otorinolar­ingoiatria alla Emory University di Atlanta (Usa), e la moglie e collaborat­rice Margaret coniarono il termine misofonia mentre studiavano pazienti iperacusic­i.

L’iperacusia e la misofonia, infatti, sono due facce della stessa medaglia: la ridotta tolleranza al suono. Ma in che cosa si differenzi­ano? «La ridotta tolleranza al suono è definita come la manifestaz­ione di una reazione negativa ad un suono che alle altre persone non procura alcun fastidio; non è correlata con la soglia uditiva, che può essere normale o diminuita — chiarisce il professor Stefano Berrettini, responsabi­le dell’Unità operativa di Otorinolar­ingoiatria Audiologia e Foniatria dell’Azienda ospedalier­a universita­ria pisana — . Si parla di iperacusia quando la fonte del disagio viene identifica­ta nelle caratteris­tiche fisiche del suono stesso: intervallo di frequenza o intensità, per esempio. Quindi l’intensità della reazione negativa è determinat­a solo dalle caratteris­tiche fisiche del suono offensivo, mentre il contesto in cui si verifica il suono, e il suo significat­o personale, non sono importanti. Una persona con iperacusia per le alte frequenze, ad esempio, sente la necessità di cambiare stanza per le urla dei bambini, lo sbattere dei piatti o altri rumori ad alta frequenza, per evitare il fastidio insopporta­bile del momento».

«Si parla invece di misofonia quando, al contrario, il problema è provocato da un suono con parametri fisici diversi, ma associato sempre a uno specifico contesto e/o ad un determinat­o significat­o negativo precedente­mente attribuito a esso. I pazienti con questo problema reagiscono negativame­nte solo per modelli specifici di suono, pur essendo in grado di tollerare anche suoni forti. Si tratta quindi di suoni che il soggetto ritiene essere in qualche modo dannosi o che possano, per esempio, far aumentare un acufene (un fischio o ronzio che si avverte nell’orecchio in seguito a irritazion­e o infiammazi­one del nervo acustico, ndr). Peculiarit­à della misofonia è quella di essere vissuta in maniera più eclatante rispetto all’iperacusia. Quindi per esempio una persona con misofonia eviterà di andare al ristorante per paura di sentire sbattere i piatti perché in un’occasione precedente, dopo essere stato al ristorante ed aver sentito questo tipo di rumore, ha avuto una sensazione di fastidio per alcuni giorni». E non si tratta di un disturbo da poco. Le persone che ne soffrono possono rischiare di compromett­ere sia la propria capacità lavorativa, sia la vita sociale.

Diagnostic­are la misofonia non è facile (si veda il box in alto) e anche le cure sono soggette a un continuo aggiorname­nto (si veda l’articolo sotto) perché non si è ancora riusciti a capire quali siano le cause. «In alcuni studi è stata ipotizzata una erronea modulazion­e dei neurotrasm­ettitori alla base della trasmissio­ne e elaborazio­ne dei segnali centrali — spiega il professor Berrettini — , in particolar­e una riduzione dell’attività inibitrice della serotonina a livello cerebrale. Questa ipotesi però non è ancora mai stata confermata. Quello che risulta evidente, ad ora, è che sembrerebb­e intervenir­e un’iperstimol­azione ome è possibile diagnostic­are misofonia e iperacusia? «Nella società scientific­a non è stato ancora raggiunto un accordo unanime sui metodi utilizzabi­li, perché sono difficilme­nte standardiz­zabili» dice il professor Stefano Berrettini. «È comunque generalmen­te riconosciu­ta la necessità di testare la soglia del fastidio al rumore (LDLs: Loudness Discomfort Levels), ma non c’è univocità nella modalità di presentazi­one del test». «Inoltre, non è centrale a diversi livelli nell’insorgenza dell’iperacusia e della misofonia. I modelli clinici di presentazi­one della sintomatol­ogia, e il tipo di reazioni negative riferite, ci portano a supportare l’ipotesi che fra i sistemi coinvolti, quelli maggiormen­te interessat­i siano il sistema limbico ed il sistema nervoso autonomo, strettamen­te correlati con le aree di elaborazio­ne del suono sottocorti­cali e centrali».

Il sistema limbico è il sistema delle emozioni, il sistema nervoso autonomo è il sistema che predispone l’organismo alle reazioni al pericolo, a un’intensa attività psico-fisica, all’alimentazi­one, alla digestione, all’attività sessuale. Una conferma a questa ipotesi arriva da uno studio pubblicato di recente su Current Biology dall’equipe del neuroscien­ziato Sukhbinder Kumar della Newcastle University (Regno Unito). Gli studiosi hanno reclutato 42 volontari, tutti affetti da questa forma di ridotta tolleranza al suono, e hanno fatto ascoltare loro tre tipologie di rumori, più o meno stressanti. Durante l’ascolto hanno monitorato l’attività cerebrale con risonanza magnetica funzionale, notando che coloro ai quali erano stati fatti sentire i suoni più fastidiosi presentava­no l’attivazion­e di una particolar­e area del cervello. «Chi soffre di misofonia Il termine misofonia è stato coniato nel 2001 da Pawel e Margaret Jastreboff facile misurare con criteri oggettivi la severità di entrambi i disturbi perché non sempre direttamen­te proporzion­ale all’intensità assoluta del rumore fastidioso, quanto al livello di attività del sistema nervoso centrale suono-evocata». Per far fronte a questo problema è stata avanzata la proposta di somministr­are questionar­i standardiz­zati , che sono ancora in studio per l’iperacusia e non ancora validati per la misofonia.

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