«Il fratello di Abedi voleva uccidere l’inviato tedesco in Libia»
Il gruppo legato al kamikaze di Manchester avrebbe pianificato un attacco a Kobler, mediatore delle Nazioni Unite
Si fa sempre più netta la pista che dall’attentato di Manchester una settimana fa conduce ai circoli radicali islamici in Libia. La perseguono con alacrità gli inquirenti britannici, tanto che un team di agenti del MI16 pare sia partito alla volta di Tripoli per investigare quale sia il legame tra Salman Abedi, il kamikaze, e suo fratello minore Hashem, al momento imprigionato assieme a loro padre Ramadan nelle celle della Rada, una delle milizie più importanti che aspira a controllare le piazze della cali pitale libica. A Manchester è stata arrestata una dodicesima persona, pare fosse collegata con la cellula responsabile dell’attentato. Un blitz in piena regola, simile a quello che nelle ore appena successive la strage condusse al fermo di Ismail, il terzo fratello di Salman.
Ma la notizia più clamorosa, se dovesse venire confermata, la riporta il Sunday Telegraph, per cui ancora Hashem da tempo avrebbe fatto parte di una cellula jihadista libica che progettava di uccidere a Tripo- addirittura il diplomatico tedesco Martin Kobler, che dal novembre 2015 guida la missione dell’Onu in Libia ed è tra i più accesi sostenitori del premier del governo di unità nazionale Fayez al Serraj. Hashem viene definito una «figura significativa» all’interno del gruppo che voleva fare saltare in aria l’auto di Kobler durante una visita. Non è del resto la prima volta che le milizie di Tripoli rivelano di aver scoperto trame e complotti ai danni dell’inviato dell’Onu e delle stesse autorità italiane che con lui lavorano sul campo. L’estate scorsa i servizi segreti legati direttamente a Sarraj sostenevano di aver sventato un piano molto simile da parte delle cellule locali di Isis disperse tra Sirte, il deserto meridionale e Tripoli
Tra le tante domande cui dovranno far fronte gli inquirenti britannici resta quella fondamentale del capire cosa sia accaduto a quei libici che nel 2011 ringraziavano apertamente Allah e «gli alleati della Nato» mentre li aiutavano a liberarsi dalla dittatura di Gheddafi, ma poi già molto presto hanno iniziato a covare un odio profondo contro i loro liberatori e un radicale islamismo antioccidentale. Furono proprio i caccia franco-britannici e le loro teste di cuoio a fare la parte del leone nella guerra contro l’ex regime. Tuttavia, qualsiasi inchiesta sul terreno presenta enormi difficoltà. A Tripoli da venerdì sono in corso duri combattimenti strada per strada, che hanno già causato decine di morti.