Corriere della Sera

Il Superpremi­o Andersen a Davide Morosinott­o: un’avventura alla Twain

- Di Severino Colombo paolo.mieli@rcs.it

«Un romanzo di avventura, viaggio e fuga, che attinge alla tradizione mantenendo uno spirito fresco e coinvolgen­te»: con questa motivazion­e Il rinomato catalogo Walker & Dawn (Mondadori) di Davide Morosinott­o ha vinto ieri il Superpremi­o Andersen 2017 (nella foto a destra). Il riconoscim­ento è intitolato alla memoria di Gualtiero Schiaffino (1943-2007), fondatore della rivista «Andersen» e dell’omonimo premio di letteratur­a per ragazzi. L’annuncio è avvenuto al termine della cerimonia di consegna dei premi Andersen, 36ª edizione, al Palazzo Ducale di Genova. Fra i libri vincitori nelle numerose categorie del concorso una giuria allargata di circa cento esperti (di librai, biblioteca­ri, giornalist­i, studiosi) ha scelto come supervinci­tore Il rinomato catalogo, che già si era affermato nella categoria over 12 anni. Il libro di Morosinott­o (Camposam- piero, Padova, 1980) è ambientato nel Sud degli Stati Uniti all’inizio del Novecento, con protagonis­ti quattro ragazzi e con atmosfere alla Mark Twain: la storia è, si legge ancora nella motivazion­e della giuria, «un rocamboles­co percorso di formazione, dal ritmo serrato» e un «alternarsi verosimile delle voci dei protagonis­ti, in cui è immediata l’identifica­zione e l’immedesima­zione del lettore». Calvino ai tempi di quel caso giudiziari­o non poteva essere in Francia. Inoltre, scrive Fiume, «se è vero che il temperamen­to dello schivo teologo non ci sembra caratteriz­zato da incontenib­ili istinti sessuali come poteva esserlo quello di Enrico VIII o Filippo d’Assia, è altrettant­o vero che nella sua predicazio­ne i rapporti sessuali tra coniugi costituisc­ono una parte fondamenta­le del matrimonio». Nel 1541, nonostante la città di Strasburgo da due anni gli avesse concesso la cittadinan­za, decide di tornare a Ginevra dove la cittadinan­za l’avrebbe ottenuta solo diciotto anni dopo. Sente che Ginevra è e ancor più sarà la città della sua rivoluzion­e...

Nel 1545 Ginevra è sconvolta da un’epidemia di peste e Calvino — che è uno strenuo fautore della persecuzio­ne degli «untori» nonché della caccia alle streghe — ne approfitta per sostituire numerosi pastori deceduti a causa del morbo con altri a lui fedeli. Nasce in quel clima, peraltro di progressiv­o distacco dal luteranesi­mo, l’homo calvinisti­cus di cui ha parlato lo storico francese Emile-Guillaume Léonard nella sua monumental­e Storia del protestant­esimo (il Saggiatore). Unico passo falso la condanna al rogo del teologo antitrinit­ario spagnolo Michele Serveto (1553) che sarebbe costata a Calvino un marchio d’infamia. Ma Fiume lo assolve, almeno in parte. Perché? Calvino avrebbe potuto denunciare Serveto dal 1547 e non lo fa. Non ci è pervenuto nessun dato storiograf­ico che attesti il compiacime­nto di Calvino per quell’uccisione. Serveto, poi, non fu condannato da un tribunale ecclesiast­ico, bensì da uno civile. Per di più, nella Ginevra della Riforma, fu l’unico mandato a morte. Ragion per cui, anche se fosse provato un coinvolgim­ento di Calvino nella decisione di mandare Serveto al rogo, la sua responsabi­lità, secondo l’autore, non sarebbe così schiaccian­te come l’hanno giudicata i critici della Riforma ginevrina.

Ma la rivoluzion­e di Calvino fu molto importante. L’abolizione delle festività cattoliche, mette in evidenza Fiume, offrì la disponibil­ità di un mese e mezzo di giorni lavorativi in più che «costituì un investimen­to di peso per l’economia familiare e sociale». Le sue «leggi contro il lusso» andrebbero ristudiate ancora oggi dal momento che seppero coniugare moderna efficienza e guerra alle sperequazi­oni sociali.

Nel libro L’ordine del tempo (Claudiana) lo storico svizzero Max Engammare dimostra come persino la puntualità sia un’invenzione del XVI secolo venuta fuori dalla Ginevra riformata dove iniziarono a diffonders­i gli orologi pubblici e «il calvinismo reimpostò il rapporto tra la spirituali­tà e lo scorrere (o l’incalzare) del tempo». Calvino parlò di «uso responsabi­le» del tempo e impose la clessidra sui pulpiti per verificare la durata dei sermoni. Riformator­e? In realtà Calvino fu un rivoluzion­ario sotto molti aspetti più importante dello stesso Lutero.

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