Corriere della Sera

Il guizzo, l’asse l’anima italiana di una squadra

- Di Daniele Dallera

uesta squadra, la Ferrari, ha un’anima. Italiana. La macchina è la Rossa, tradizione cromatica rispettata. Ma tende al tricolore, la sua personalit­à è lì, a Maranello, arriva da Torino, da Marchionne che ha avuto il guizzo di valorizzar­e l’ingegno italiano. Basta con i santoni inglesi, tecnici strapagati e spesso con la puzzetta sotto il naso, quelli che prima di rispondere a una domanda, magari banale, alzano il sopraccigl­io, sbuffando recitano un pensiero profondo e poi regalano una risposta più banale della domanda. L’asse indigeno Maurizio Arrivabene & Mattia Binotto funziona, alla faccia dello scetticism­o iniziale. Arrivabene, il team manager, insomma il capo, grande esperienza in F1, conosce tutto di questo mondo, protegge squadra e piloti, cerca l’unità e la ottiene. Ha anche il cazziatone facile, quando ci vuole, ci vuole. Ma sa anche donare carezza e sorriso quando è necessario confortare. Mattia Binotto, una vita con testa e mani dentro i motori, ha assunto la guida tecnica con tatto, eleganza, facendo lavorare bene il gruppo. Ingegneri di talento, giovani, progettist­i, motoristi, aerodinami­ci, preparazio­ne molta, griffe poca, uomini che hanno studiato tanto e continuano a farlo, libri e computer sempre aperti, proprio come Binotto. Un gruppo forte italiano ben integrato da qualche straniero (senza prosopopea). Questa macchina è nata bene, tutto a posto, la prima «ecografia» fornì una diagnosi felice della Rossa, ma nei mesi a seguire, gara dopo gara,è stata migliorata, perfeziona­ta. L’anima italiana impressa da Marchionne è stata raccolta e capita anche da Sebastian Vettel che si mette a parlare con la nostra lingua, canta, festeggia e ringrazia in italiano. «Grazieeee ragazzi...» la sua parola d’ordine dopo la bandiera a scacchi. Ha ragione, quei ragazzi sono veramente in gamba.

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