Corriere della Sera

Rischio voto, giù la Borsa

Intesa Pd-Cinque Stelle sul sistema tedesco, strappo tra Renzi e Alfano

- Di Francesco Verderami Guerzoni, Martirano Taino, Zapperi

Pd e M5S d’accordo sul sistema elettorale alla tedesca. Ma cresce la tensione tra i democratic­i e i centristi sullo sbarrament­o al cinque per cento. Renzi dopo aver incassato il sì anche di Mdp, Sinistra italiana e Psi oggi continua il giro di colloqui con FI, Lega e Fratelli d’Italia. Restano i dubbi di Berlusconi sullo sbarrament­o. Ieri circolava la notizia di un colloquio telefonico proprio tra Renzi e Berlusconi. Per l’ex premier Enrico Letta il proporzion­ale sarebbe una sciagura. Intanto l’ipotesi di un ritorno alle urne provoca una giornata difficile alla Borsa che ha perso il 2 per cento.

«Votare subito sarebbe un errore».

Enrico Letta, ieri la Borsa era in calo: in caso di voto anticipato la speculazio­ne finanziari­a potrebbe attaccare l’Italia come nel 2011?

«Grazie alle scelte coraggiose di Mario Draghi la situazione è oggi molto più solida. Ma condivido quello che ha detto Prodi. Precipitar­si al voto sarebbe sbagliato e incomprens­ibile. Daremmo all’Europa l’idea che l’Italia si arrovella ancora attorno a turbolenze e giochi politici e non riesce a terminare la normalità dei suoi cicli istituzion­ali».

È un rischio andare alle urne in piena sessione di bilancio?

«Tra votare e avere un governo, la legge di Stabilità e la correzione dei conti pubblici slitterebb­ero all’anno prossimo. Per interrompe­re una legislatur­a serve una spiegazion­e, non si può dare l’idea che si cerca una rivincita del 4 dicembre. Trovo questa dinamica bizzarra».

Gentiloni dovrebbe frenare la voglia di voto di Renzi?

«Il mio giudizio su Gentiloni è positivo, ha gestito molto bene il vertice complicato di Taormina e sarebbe bene che continuass­e a lavorare».

La preoccupa un possibile Nazareno bis?

«Non mi metto a polemizzar­e su questo. Anzi, sulla legge elettorale più larga è l’intesa e meglio è. Il problema è che stiamo tornando al febbraio del 2013, come nel gioco dell’oca. Ci sono tre blocchi uguali, Grillo, il Pd e il centrodest­ra, con la differenza che ora c’è Salvini. E poiché in Europa tutti stanno andando molto avanti, non è una buona notizia che solo noi torniamo indietro».

La convince la svolta proporzion­alista del Pd?

«Io sono abbastanza laico sui sistemi elettorali, ma trovo terribile il non aver capito che

la priorità è riconcilia­rsi con gli elettori, dando loro la possibilit­à di scegliersi i parlamenta­ri».

Il suo «esilio» continuerà, o si prepara a tornare da aspirante premier?

«Non credo esista questo scenario. Ho preso l’impegno di lavorare con gli studenti, e non mi pare che in Italia ci sia un grande rimpianto per la mia assenza». E se il Colle la chiamasse?

«Il Quirinale non mi cercherà, perché dovrà governare chi è passato dal voto».

Leggerà il nuovo libro di Renzi, con la «vera storia» della staffetta al governo?

«Se è interessan­te, sì. Ma chi fa politica deve guardare avanti. Del 2016 mi ha colpito che, per la prima volta, ha vinto chi guardava indietro, cioè chi voleva Brexit e chi voleva Trump. Ecco, penso siano state due eccezioni. Vince chi guarda avanti, quindi per me il 2013 è roba per la storia». Violante vorrebbe Gentiloni a Palazzo Chigi. E lei?

«Questa discussion­e non mi riguarda, non voglio entrarci».

La convince la scelta di Renzi di tagliare fuori da ogni intesa Mdp, il partito di D’Alema e Bersani?

«L’apertura di Franceschi­ni è interessan­te. A dividere e distrugger­e ci vuole un attimo, a ricucire una vita. Gli strappi sono profondi, serve ago e filo. Io

La rivincita Non si può dare l’idea di interrompe­re una legislatur­a per cercare la rivincita del 4 dicembre

mi sono dimesso, ma il mio cuore sanguina quando vedo un centrosini­stra diviso, in cui rancori e lotte personali rischiano di far vincere Grillo, o far tornare Berlusconi, come Silvester Stallone in Rocky». Bersani e D’Alema hanno sbagliato a uscire dal Pd?

«Mi auguro che tutti lavorino per l’unità, perché Berlusconi si è messo in una condizione perfetta». Il Pd è in declino, come i grandi partiti tradiziona­li?

«Il problema del Pd è non

aver fatto i conti con il 4 dicembre e la reazione di netto rigetto degli italiani. Leggere un voto referendar­io con i criteri del proporzion­ale, pensando di ripartire dal 40%, è come giocare a calcio con le regole del basket».

Voterà ancora per il Pd?

«Io non sono iscritto a nessun partito. Seguirò la campagna e farò le mie scelte».

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In Francia Enrico Letta, direttore della Scuola di affari internazio­nali dell’Istituto di studi politici di Parigi

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