Il gip: così Fini garantiva Corallo E gli sequestrano un milione di euro
Secondo il giudice la sua versione non è credibile e i Tulliani erano i prestanome
L’imprenditore delle slot machine Francesco Corallo ha elargito milioni di euro alla famiglia Tulliani, imparentata con Gianfranco Fini, per garantirsi «l’agognata tranquillità commerciale, ma sarebbe più proprio parlare di tranquillità predatoria», attraverso la «compartecipazione societaria di un soggetto in grado di dispiegare un’elevatissima protezione politica». Così scrive il giudice delle indagini preliminari di Roma Simonetta D’Alessandro nel provvedimento di sequestro di due polizze assicurative per quasi un milione di euro sottoscritte all’ex leader di Alleanza nazionale, nonché ex presidente della Camera, già vicepremier e ministro degli Esteri nel governo Berlusconi. Dopodiché il giudice si pone una domanda retorica: «E questa protezione potevano garantirla i Tulliani o l’onorevole Fini, capo indiscusso di un partito essenziale per la tenuta del governo?».
L’ovvia risposta è il motivo per cui la compagna di Fini, Elisabetta Tulliani, suo fratello Giancarlo e suo padre Sergio sono considerati nient’altro che i «prestanome» dell’uomo politico nell’affare che avrebbe dovuto portarli a diventare addirittura soci di Corallo, tutt’ora in attesa di estradizione dall’isola dei Caraibi dov’è stato arrestato con l’accusa di associazione per delinquere, peculato e altri reati. Per questo, fra l’altro, ha comprato loro la famosa casa di Montecarlo ereditata da Alleanza nazionale, intestata a un paio di società offshore dietro le quali c’erano Giancarlo (anche lui latitante, ma a Dubai) ed Elisabetta Tulliani.
Ora i magistrati sono a caccia del tesoro che la famiglia avrebbe accumulato illecitamente – oltre 7 milioni di euro – e dopo averne sequestrati 5 a Giancarlo, Elisabetta e Sergio sono passati a Fini, indagato anche lui per riciclaggio. L’ex presidente della Camera non ha beni mobili e immobili intestati a suo nome, ma 2 polizze assicurative da 467.000 euro ciascuna, sulle quali la Guardia di finanza ha verificato versamenti fino al dicembre 2016.
Il principale accusatore nell’indagine condotta dal procuratore aggiunto di Roma Michele Prestipino e dal sostituto Barbara Sargenti resta l’ex deputato Amedeo Laboccetta (un finiano passato dalla parte di Berlusconi quando ci fu la rottura), anche lui inquisito, secondo il quale la conoscenza tra Fini e Corallo risale al 2004, prima che i Tulliani entrassero nella vita dell’ex presidente della Camera. Gli inquirenti hanno così ricostruito una vicenda «dalle implicazioni inquietanti» dietro cui s’intravede un’alleanza fra l’imprenditore e Fini da cui il primo ricavò agevolazioni legislative e guadagni ultramilionari, per i quali il secondo avrebbe richiesto un tornaconto personale. Per esempio la casa di Montecarlo, che nel racconto di Laboccetta fu un desiderio espresso direttamente dall’ex leader di An.
Corallo fu invitato a due feste private nell’appartamento del presidente della Camera a Montecitorio, nel 2008 e nel 2010, per il primo compleanno di una figlia e il battesimo dell’altra. «Lui manteneva i rapporti con i Tulliani — ha spiegato Laboccetta ai pubblici ministeri — perché aveva compreso che erano in grado di condizionare pesantemente le scelte e le valutazioni della terza carica dello Stato... Il favore di Fini gli era utile a tutela dei suoi interessi imprenditoriali».
Fini ha denunciato Laboccetta per calunnia e fornito spiegazioni del tutto diverse sui suoi rapporti con Corallo, sostenendo che non fu lui a presentare Tulliani all’imprenditore, come dice Laboccetta, né a invitarlo a Montecitorio: «Fu Giancarlo a chiedere alla sorella (cioè Elisabetta, compagna di Fini, ndr) se lui e Laboccetta potevano venire al primo compleanno di mia figlia». Ma il giudice si chiede «perché Fini non si meravigliò, e conseguentemente non ebbe nulla in contrario, della richiesta di Giancarlo Tulliani di invitare Corallo e Laboccetta a un festeggiamento così intimo se non conosceva l’esistenza di pregressi rapporti fra i tre».
Secondo il gip le giustificazioni di Fini sono «del tutto inverosimili», anche perché al momento della prima festa «Giancarlo ed Elisabetta Tulliani, attraverso le loro società offshore, avevano già ottenuto da Corallo 1.587.000 euro», mentre fra la prima e la seconda «Giancarlo Tulliani aveva ricevuto un altro trasferimento di 200.000 euro, e Sergio Tulliani 2,4 milioni di euro».