Corriere della Sera

Donald difende il genero: «Piena fiducia» (ma in privato si arrabbia)

- Di Massimo Gaggi

Il primo viaggio all’estero da presidente, oltre che un modo per cercare di conquistar­e un ruolo da statista, è stato per Donald Trump un’occasione per guadagnare tempo sul fronte bollente delle accuse di rapporti «proibiti» coi russi durante la campagna elettorale e dopo il voto, nel periodo di transizion­e. Tregua finita ieri, col Memorial Day. Da oggi torna in primo piano l’indagine con Jared Kushner nel mirino degli inquirenti (avrebbe tentato di creare canale di comunicazi­one segreti col Cremlino quando Obama era ancora alla Casa Bianca) e con l’ex capo dell’Fbi James Comey, licenziato dal presidente tre settimane fa, che si prepara a testimonia­re davanti al Congresso sulle pressioni subite dal leader repubblica­no. E allora Trump, sempre più convinto che contro di lui sia in atto una cospirazio­ne di quello che il suo ideologo Steve Bannon chiama il «deep State», pezzi dell’apparato federale che lo consideran­o un corpo estraneo e lo combattono a colpi di indiscrezi­oni, reagisce con durezza. Da un lato nuove invettive contro le «fake news» dei media, rei di pubblicare notizie ricevute da fonti che restano anonime per evitare rappresagl­ie. E poi, davanti alle voci di un deterioram­ento del suo rapporto con Kushner, una dichiarazi­one di pieno appoggio al genero, il marito di Ivanka: «Jared sta facendo un gran lavoro nell’interesse del Paese. Ho piena fiducia in lui, che gode il rispetto praticamen­te di tutti e sta lavorando a un programma che farà risparmiar­e miliardi di dollari agli Stati Uniti. Inoltre è una gran brava persona». Il messaggio, inviato soprattutt­o ai repubblica­ni che indagano in Congresso, è chiaro: attaccare Kushner è come attaccare me. E a renderlo ancora più chiaro pensa John Kelly, ministro della «Homeland Security» che giudica «positivo aver cercato di stabilire canali coi russi perché ogni flusso di informazio­ni è sempre utile». Kelly ignora il fatto che al potere c’era ancora Obama, concentran­do l’attenzione sulle indiscrezi­oni di fonte Usa sull’attentato di Manchester delle quali si è lamentata Theresa May. In realtà pare che Trump sia davvero irritato con Kushner. Ma non per il caso Russia bensì che sua sorella Nicole è andata a promettere visti americani ai cinesi (che investono almeno mezzo milione di dollari negli Usa). E la sortita di Kelly indica che ora il presidente vuole contrattac­care usando il caso Manchester per cercare di frenare l’emorragia di indiscrezi­oni.

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