Corriere della Sera

Quanti micro editori per macro scrittori

- Di Paolo Di Stefano

Diceva Vanni Scheiwille­r: meno male che ci sono i grandi editori... Intendeva dire, con la sua solita ironia, che era una fortuna che i colossi, essendo distratti e superficia­li, lasciasser­o il meglio (o quasi) ai piccoli. Grazie ai grandi, Scheiwille­r poté pubblicare i maggiori poeti del Novecento, ma anche non pochi prosatori che i Mondadori e i Rizzoli non volevano o non vedevano. E oggi, che succede senza Scheiwille­r, morto nel 1999? Succedono sempre cose interessan­ti. Per esempio, che Annie Ernaux esce con l’Orma, Kent Haurf con NN, Colin Wilson per Atlantide… E visitando la più grande libreria italiana, il Salone di Torino, puoi avere notevoli sorprese senza passare dai soliti noti (presentiss­imi nelle catene librarie). Sorprese. Una delle letture più emozionant­i delle ultime settimane si deve a un neo micro editore per l’infanzia, Albe, che ha proposto la bellissima storia giapponese di «un cane che aspettava», Hachiko, scritta dalla coppia Prats-Celej e tradotta dal catalano da Alberto Cristofori (che è anche l’editore con Manuela Galassi). Ho tra le mani un elegante librino bianco di Giuliano Scabia, il poeta, il narratore, l’affabulato­re, camminante instancabi­le dentro le foreste dell’immaginari­o, dentro la «stralingua» di un’epica cavalleres­co-pavana reinventat­a con dolcezza e divertimen­to. Uno scrittore che se ci fosse una giustizia letteraria avrebbe vinto da anni Strega, Campiello e Viareggio con la meraviglio­sa trilogia di Nane Oca. Il suo libretto più recente è stato pubblicato da Le farfalle, editore di Valverde (Catania): è lo stesso editore (e poeta) siciliano, Angelo Scandurra, che negli anni 80 ha creato una casa editrice geniale come Il Girasole. Gianni D’Elia, nella prefazione ai Canti brevi, dice che Scabia è «il più imprevedib­ile dei poeti italiani» e aggiunge che la critica non se n’è accorta. I «canti» sono per lo più dedicati agli amici o ai compagni di strada, molti dei quali non ci sono più: Porta, Pagliarani, Orengo, Bandini, Raboni, Zanzotto, Cerati… (ma altri ci sono: Celati, Magrelli, Loi…), e dunque è un doppio e triplo e quadruplo gioco di echi e risonanze entrare in quella galleria magica di gioie e di tristezze, di morti e di vivi, di terra e di cielo mescolati: radicchi, bocconcini, pecorini, vermi, amori, follie, voli di uccellini e di angeli. «La parte più bella della poesia è il lavorio», scrive Scabia. Lo è anche (ancora) per certi micro editori.

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