Draghi: contro il debito serve la crescita Con l’inflazione gli interessi saliranno
Il presidente della Bce: presto per cambiare la politica monetaria. I trattati si possono modificare
Il presidente della Bce Mario Draghi ha richiamato i governi dell’Italia e degli altri Paesi della zona euro con alto debito e bassa crescita in vista della fine degli stimoli monetari del «Quantitative easing» e del «sano ritorno a tassi di interesse più alti». Draghi ha chiesto di intervenire anche sui crediti deteriorati delle banche (Npl), che nella zona euro toccano la punta massima in Italia. Naturalmente le sue parole non hanno frenato la caduta della Borsa di Milano (indice Ftse
Mib a – 2,01% con i titoli bancari a -3,27% con le principali europee sostanzialmente piatte), che vari analisti hanno attribuito alla possibilità di elezioni anticipate e ai problemi nel sistema bancario.
«È chiaro che, mentre l’inflazione converge verso il nostro obiettivo e la convergenza diventa autosufficiente, i Paesi con alto debito e poca crescita affronteranno un conto degli interessi più alto — ha dichiarato Draghi in un’audizione nell’Europarlamento di Bruxelles —. Servono quindi politiche di bilancio, ma soprattutto politiche che aumentino la crescita».
Ha aggiunto che è ancora «molto presto» per cambiare la politica monetaria «accomodante» della Bce. Ritiene che i salari debbano crescere maggiormente per far salire adeguatamente i prezzi. Ha tratteggiato però uno scenario macroeconomico incoraggiante della zona euro, che può consentire di raggiungere l’obiettivo di inflazione «vicino ma inferiore al 2%» e provocare l’interruzione dell’acquisto di titoli sul mercato, sollecitata di nuovo al direttivo Bce dal numero uno della Bundesbank Jens Weidmann, che ha paragonato lo stimolo monetario alla caffeina: «un
consumo eccessivo porta a rischi e a effetti collaterali nel tempo». «La ripresa economica sta diventando sempre più solida e continua a ampliarsi attraverso settori e paesi», ha detto Draghi —. Il Pil reale dell’area euro si è espanso per 16 trimestri consecutivi, crescendo dell’1,7% su base annuale nel primo trimestre 2017. La disoccupazione è caduta al livello più basso dal 2009. Il fatto che i consumi interni e gli investimenti sono il principale motore della ripresa, la rende più robusta e resistente ai rischi al ribasso, che sono legati prevalentemente a fattori globali».
Alcuni Eurodeputati hanno fatto notare che lo scenario positivo non tocca tutti i Paesi. L’Italia sconta la crescita più bassa dell’Ue (intorno all’1%), alto debito, maxi crediti deteriorati nelle banche, alta disoccupazione, ritardi di competitività e instabilità politica. Draghi non ha commentato sugli effetti sui mercati per il voto anticipato in Italia: «Non sono io quello che può dare il giudizio migliore sulla data delle elezioni». Più esplicito è stato nel richiamo sui crediti deteriorati a causa delle «significative vulnerabilità ancora presenti in alcune banche della periferia della zona euro», che costituiscono «un freno alla capacità di dare credito alle imprese e alle famiglie». E’ favorevole al completamento dell’Unione monetaria e a un bilancio unico dell’Ue anche se si dovessero «cambiare i Trattati». E ha espresso preoccupazione sulle «posizioni neo-protezionistiche» del presidente Usa Donald Trump.