Corriere della Sera

LO STRAPPO RISCHIOSO DI MERKEL

- Di Danilo Taino

Pare che abbiamo una Nuova Merkel. Sotto la tenda di una birreria di Monaco, domenica scorsa ha detto che alla Germania e all’Europa sono venuti a mancare due alleati. E che alleati: gli Stati Uniti e la Gran Bretagna. Nel Vecchio Continente dobbiamo renderci conto che «i tempi in cui potevamo contare pienamente su altri sono in una certa misura finiti», ha spiegato: «Dobbiamo essere noi stessi a combattere per il nostro futuro». È la cancellier­a tedesca che si carica della responsabi­lità di guidare i partner della Ue affinché reagiscano a Donald Trump e alla Brexit, si è detto. Finalmente leader senza remore. O no? È vera leadership quella della nuova, assertiva e militante Angela Merkel?

Le tappe europee del viaggio di Trump in Europa, alla Nato di Bruxelles e al G7 di Taormina, sono state un disastro, per contenuti e comportame­nti. È però sensato, oppure è un’avventura, mettere in questione all’improvviso, come ha fatto la cancellier­a, un’alleanza di settant’anni che ha portato pace, enorme benessere in Occidente e ordine internazio­nale? Il presidente americano dà spesso l’impression­e di essere il primo a mettere in dubbio la relazione transatlan­tica. Ma non basta un presidente confuso, impolitico e qualche volta volgare per annunciare la quasi morte dell’alleanza occidental­e. E non è una buona idea, soprattutt­o non è nell’interesse dell’Europa, prenderlo in parola (ne dice tante) e assecondar­lo nelle tendenze distruttiv­e.

La «frattura di Monaco» di Frau Merkel sta allargando l’Atlantico e rafforzand­o chi, sulle due sponde, spinge per un indebolime­nto dell’Occidente e per un mondo organizzat­o per blocchi.

Qui si apre il problema dei problemi. Cosa sarebbe l’Europa lontana dall’America? Ha la forza per affrontare crisi e sfide da sola? Può vivere e prosperare in una posizione equidistan­te da Washington, da Mosca o da Pechino (nel suo discorso Merkel ha messo sullo stesso piano la necessità di avere comunque «relazioni amichevoli» con gli Stati Uniti e la Gran Bretagna così come con la Russia)? Da sola non sarebbe in grado di affrontare le tensioni in Siria, in Libia, in Ucraina, in Iran, in Turchia, di resistere alle pressioni di Vladimir Putin. Ha registrato finora l’incapacità di gestire la crisi dei rifugiati e dei migranti. Certo, il disinteres­se e l’ostilità di Trump per la Ue sono un’occasione per rafforzare le politiche europee e per integrare la gestione della sicurezza, della Difesa, dell’economia continenta­li. Andare da soli sarebbe però un’altra cosa, viste anche le debolezze struttural­i dell’Europa. L’equidistan­za darebbe piuttosto al Cremlino la chance di aumentare la sua influenza nella Ue: le sanzioni contro la Russia per l’annessione della Crimea, per dire, durerebber­o poco.

Lunedì scorso, Merkel ha precisato che lei rimane filo-atlantica. Ma considerar­e l’alleanza con l’America (e con il Regno Unito) così profondame­nte deteriorat­a, agonizzant­e, invece di difenderla, la indebolisc­e non meno di quanto abbia fatto Trump quando definì «obsoleta» la Nato. Non solo: mettere all’indice, assieme, le anglosasso­ni Washington e Londra, come la cancellier­a ha fatto, significa «regalare» la Gran Bretagna a Trump, anche se Theresa May sta dalla parte dell’Europa su commercio internazio­nale, Nato, Trattato di Parigi sul clima. Merkel è stata mossa, nel suo discorso alla birreria di Monaco (paralleli storici non sono ammessi), anche, forse soprattutt­o, da consideraz­ioni di campagna elettorale tedesca. Inammissib­ile, su una questione di portata storica, per chi dovrebbe svolgere un ruolo di leadership europea. Irresponsa­bile, hanno commentato alcuni osservator­i. Come minimo, avventuris­ta. Ce l’ha un piano, Frau Kanzlerin?

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