Corriere della Sera

La cautela del Cavaliere

Data del voto tra 24 settembre e 22 ottobre. E Renzi non esclude la procedura d’infrazione

- Di Francesco Verderami

Berlusconi si impegna sulla legge elettorale. Ma sui tempi del voto la «responsabi­lità è vostra». Quindi tocca ai democratic­i decidere la data, che oscilla tra il 24 settembre e il 22 ottobre.

Lui si impegna sulla legge elettorale ma è l’altro che deve vedersela per il voto anticipato. Lui è Berlusconi, l’altro ovviamente è Renzi. E lui sulla data in cui si andrà alle urne non ha offerto garanzie all’altro, nel senso che «saranno loro a doversene assumere la responsabi­lità». «Loro», cioè il Pd. Sia chiaro, il patto tra i due c’è e sembra anche saldo, ma sull’appuntamen­to con le urne — che nel calendario del leader democrat oscilla tra il 24 settembre e il 22 ottobre — il Cavaliere può tutt’al più assecondar­e le mosse dell’interlocut­ore. Ma fino al portone del Quirinale. Oltre non intende andare, e non solo perché non vuole entrare in conflitto con Mattarella ma perché l’affaire non è nelle sue disponibil­ità: guida una forza di opposizion­e.

Le procedure per chiudere anticipata­mente la legislatur­a sono delicate, specie se sul Colle si avverte una certa refrattari­età all’argomento, perciò Berlusconi manovra con «cautela», che è anche la parola d’ordine trasmessa al suo partito. Già la storia della legge elettorale sta creando nervosismo in Forza Italia: dal modello di scheda con cui si andrà a votare alla definizion­e dei collegi, ogni dettaglio è visto come una potenziale trappola. E non bastano le rassicuraz­ioni del Pd, le promesse sul futuro governo di larghe intese, i «sei ministri nostri» di cui parlavano alcuni azzurri ieri in Transatlan­tico.

Meglio approfondi­re per non ritrovarsi a dover correre ai ripari, perché all’ultimo momento si capisce che la soglia di sbarrament­o al 5% favorisce Pd e M5S a discapito di Forza Italia nella spartizion­e degli scranni lasciati vacanti da chi non ha superato il quorum. E dato che quella partita è ormai persa, meglio vigilare sul resto, per non permettere che — oltre al vantaggio già acquisito — i due partiti avversari ne aggiungano anche un altro: perché se la ripartizio­ne proporzion­ale dei seggi avvenisse non attraverso un collegio unico nazionale ma in base a piccoli collegi circoscriz­ionali, Renzi e Grillo avrebbero un ulteriore «boost» di posti in Parlamento. E ci rimettereb­be (ancora) Berlusconi.

Per quanto i tecnicismi lo facciano letteralme­nte assopire, il Cavaliere ha inteso di doversi ridestare, per evitare la stangata, memore com’è della profezia sentita da Verdini: «Silvio, stai attento». E infatti Verdini non sa se il patto reggerà fino in fondo: «Speriamo...», dice. Perché più l’accordo si avvicina alla chiusura più si avvertono inevitabil­i scricchiol­ii. Accade sempre quando c’è di mezzo la legge elettorale, ma c’è un motivo se ieri — come racconta l’Agi — incontrand­o alcuni sindaci a villa Gernetto, Berlusconi è tornato alla trattativa sul capo dello Stato che mandò a monte il primo Nazareno: «Mi salutai con Renzi alle 20 con l’accordo su Amato al Quirinale e la mattina dopo seppi che proponevan­o Mattarella».

Non andò così, e Gianni Letta non spiegherà mai in pubblico quali furono gli «errori» commessi da Berlusconi in quell’occasione. Ma la citazione del Cavaliere dà l’idea del momento: «Perché Renzi è tornato a essere un nostro interlocut­ore, ed è bravo. Anche se bisogna stare attenti a fidarsi». Appunto. E siccome la lingua batte sempre lì, la «cautela» è diventata precetto: sulla data del voto se la sbrighi il «bravo» con il Colle. Per quanto ieri M5S e Lega, evocando le urne per settembre, proprio al Colle hanno voluto inviare un messaggio.

Renzi, al contrario, davanti alla direzione del Pd è parso quasi disinteres­sarsene: «Non abbiamo impazienza di andare al voto». È stato talmente olimpico che la delegazion­e di un partito, ricevuta il giorno prima al Nazareno, si è domandata chi avesse davvero incontrato. Durante l’incontro era stato chiesto a Renzi come si sarebbero potute conciliare le urne subito dopo l’estate, con le scadenze parlamenta­ri per l’approvazio­ne del Def e della Nota di variazione, previste

entro il 27 di settembre. E come si sarebbe potuto assolvere al compito europeo di trasmetter­e la legge di Stabilità a Bruxelles entro il 15 di ottobre, con un Parlamento appena insediato.

«Io quelli li conosco», aveva attaccato il padrone di casa con vocabolari­o tranciante. La versione di Renzi è che l’Italia debba avere entro fine anno un nuovo esecutivo, capace di gestire la contrattaz­ione con l’Europa, pronto a mettere in conto persino un’eventuale procedura d’infrazione. In attesa del nuovo governo, al vecchio spetterebb­e inviare una bozza della legge di Stabilità, perché quella vera arriverebb­e dopo. Perciò Berlusconi...

La cautela Con i suoi ricorda: con Renzi mi salutai con l’accordo su Amato, mi svegliai con Mattarella

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