Le ultime tensioni, poi il sì Il segretario sale in treno e comincia la sua campagna
«Le elezioni pericolo per la democrazia? Tesi suggestiva»
«Mettiamoci a lavorare, con una grande campagna elettorale possiamo fare un risultato straordinario...». Renzi impugna il trolley e si rimette in viaggio, questa volta su rotaia. Il treno di Matteo toccherà «tutte le regioni e le province italiane» e la destinazione, che il segretario del Pd sogna di raggiungere tra la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno è il piano nobile di Palazzo Chigi: «Le elezioni un pericolo per la democrazia? È una tesi suggestiva». E ancora, per smentire l’accusa di voler consegnare l’Italia all’appetito dei mercati, per pura rivincita personale: «La legge elettorale va fatta non perché abbiamo impazienza di andare a votare, ma perché è condizione di serietà del patto con il capo dello Stato».
Davanti alla direzione nazionale, che per la prima volta accoglie venti giovani millennials, il leader non lo dice, ma nella percezione dei delegati l’esordio del «parlamentino» coincide, nella testa di Matteo, con l’apertura della campagna elettorale. La legge però non c’è ancora, i numeri al Senato scarseggiano e proprio da Palazzo Madama parte la rivolta dell’opposizione interna. Una lettera di 31 senatori capeggiati da Vannino Chiti, già leader della guerriglia contro la riforma costituzionale cestinata il 4 dicembre dagli italiani, manda all’aria il tentativo renziano di costruire una segreteria unitaria.
Alle dieci della sera, al termine di un’assemblea piuttosto animata, gli orlandiani alzano 33 deleghe e si astengono sulla relazione del segretario. Nel pomeriggio, dopo un vertice con il Guardasigilli, avevano declinato l’invito a farsi risucchiare nella nuova (renzianissima) squadra di sei donne e sei uomini, coordinata da Lorenzo Guerini e rafforzata da nuovi innesti come la sindaca di Lampedusa, Giusi Nicolini. Una opposizione senza sconti, quella di Orlando, annunciata per via epistolare. Niet al proporzionale, niet al voto in autunno, niet alle larghe intese con Berlusconi... «La minoranza si è già bersanizzata» gemono i renziani dalla prima fila, dove «lady like» Alessandra Moretti siede accanto a Paolo Gentiloni.
Al premier il predecessore concede l’onore delle armi: «Sostenere il governo Gentiloni è sostenere noi stessi». La spina insomma la staccheranno assieme, di comune accordo. Quanto all’accordo con Berlusconi, Renzi invita a smetterla con l’accusa di inciucio, «semplificazione così stancante da aver perso anche il motivo di divertimento che aveva all’inizio». Gli orlandiani attaccano, Michele Emiliano sceglie una linea soft negli accenti, ma dura nei contenuti. E anche lui si sfila dalla segreteria unitaria. E così il leader, arrotolandosi le maniche della camicia e tradendo più di un filo di fastidio, annuncia una stretta sulle regole statutarie del partito. Una svolta organizzativa che i delegati accolgono senza un applauso, in un silenzio gelido.
Ma il cuore del dibattito, al di là dell’annuncio di pensosi convegni sulla splendida terrazza del Nazareno e della Festa dell’Unità a Imola, è la legge elettorale. Sono gli avvisi al navigante Alfano, al quale per tre volte Renzi grida che «lo sbarramento al 5% è elemento inamovibile del sistema tedesco». Così come inamovibile appare l’accordo con Berlusconi, che getta il primo seme di un governo di larghe intese. Orlando protesta, smaschera il tedesco che tedesco non è «ma un proporzionale con sbarramento al 5%», mette in dubbio che questo sistema possa produrre stabilità.
Poi chiede la convocazione dei gruppi parlamentari e respinge la costruzione di un’alleanza con Forza Italia, come «incompatibile con un disegno riformista del Paese». E alla fine, stremato dal bisticcio con il presidente Matteo Orfini su ordini del giorno e dichiarazioni di voto, quasi si stende sul leggio: «Faccio un esercizio zen e annuncio la nostra astensione».
Si vota e si litiga, tanto che la regia per un paio di minuti toglie l’audio della diretta streaming. Ma Renzi, stufo delle polemiche interne e sicuro dei suoi numeri schiaccianti, è già filato via. La sala si svuota, dopo aver visto anche molte lacrime per la scomparsa improvvisa l’altra notte del «compagno» Guido Quaranta, vera e propria colonna della vigilanza, da Botteghe Oscure al Nazareno.
Team di fedelissimi La nuova segreteria di 6 donne e 6 uomini (tutti fedelissimi) è coordinata da Guerini La stretta La stretta del leader sulle regole statutarie Si astiene il gruppo del Guardasigilli