Ecco chi favorirà la divisione dei seggi
La ripartizione calcolata sulle circoscrizioni darebbe più peso in Parlamento a democratici e 5 Stelle
Il diavolo, soprattutto nelle leggi elettorali, si annida nei dettagli che, al più tardi stasera, dovrebbero essere rivelati dal maxiemendamento del relatore Emanuele Fiano (Pd).
Da settimane, gli «sherpa» dei dem parlano e trattano con il colleghi di Forza Italia e da ultimo anche con i deputati grillini. I tre attori politici (ma c’è anche la Lega) che convergono su un modello proporzionale di ispirazione tedesca hanno molte solide certezze in comune: riparto proporzionale dei seggi, soglia del 5% per spazzare via i partitini, controllo ferreo sul meccanismo che fa scattare i posti sicuri per i fedelissimi dei leader.
Eppure, da quando il gioco è diventato a tre (o a quattro) iniziano a rivelarsi nodi strutturali dell’impianto elettorale simil tedesco non condivisi da tutti i partecipanti all’«accordone». Nelle ultime ore il vicepresidente della Camera, il grillino Luigi Di Maio — che ha assunto grande dimestichezza con le simulazioni dell’ufficio-studi di Montecitorio (massimo avamposto di approfondimento in materia elettorale) — ha fatto sapere che la sua preferenza è per una ripartizione proporzionale circoscrizionale dei seggi, magari con il metodo d’Hondt.
Questo vuol dire che siffatta ripartizione su base locale premierebbe in modo considerevole, con decine di seggi in più, i primi partiti (M5S e Pd) a scapito dei terzi e dei quarti (FI e Lega). Cosa farà dunque Fiano in costante collegamento telefonico con il Nazareno? Accoglierà la formula grillina (non sgradita al Pd) oppure gli emendamenti già preparati da Gregorio Fontana e Roberto Occhiuto (FI) sulla ripartizione nazionale dei seggi?
C’è poi la questione del «flipper» (dove e per chi scatta il seggio) che preoccupa poco Berlusconi (FI il bottino lo fa con la quota proporzionale) ma impensierisce il Pd (in Toscana) e i grillini (in Sicilia) nelle regioni dove avranno lusinghieri risultati al maggioritario.