Corriere della Sera

Lo Stato confisca una ditta per rifiuti

- Di Luigi Ferrarella

I12 patteggiam­enti su 12 richieste di rinvio (a pene tra i 2 anni e i 9 mesi) possono essere ordinari, già meno lo è il divieto per l’azienda di contrattar­e 2 mesi con la Pubblica amministra­zione, e ancor meno frequente è la confisca di 3,4 milioni di euro di profitto del reato di trattament­o illecito rifiuti. E pure il tema dell’accusa è alquanto poco di routine: 8.000 tonnellate di fanghi, provenient­i da depuratori civili e industrial­i, riversate nei campi di compiacent­i agricoltor­i lodigiani senza che fossero prima correttame­nte trattate. Ma ciò che è davvero inusuale è, in più, la confisca di un intero stabilimen­to: l’impianto a Lomello (Pavia) dell’azienda «Cre-Centro ricerche ecologiche» per «lo stoccaggio e trattament­o di rifiuti speciali non pericolosi da utilizzare in agricoltur­a», da ieri passato armi e bagagli allo Stato al pari delle «attrezzatu­re utilizzate per il trattament­o e il recupero dei fanghi». Attraverso questo impianto, e quelli lodigiani (dissequest­rati) di Maccastorn­a e Meleti, il «Cre» dichiara di recuperare ogni anno «fino a 365.000 tonnellate di materiale reimmesso nella filiera produttiva come risorsa per la concimazio­ne dei terreni nella catena della produzione alimentare», in collaboraz­ione «con oltre 250 aziende agricole che scelgono di utilizzare i fanghi biologici per dare nutrimento alle proprie colture». Solo che questo segmento di business, in sé legittimo, stando all’inchiesta dei carabinier­i del Noe e del pm milanese Piero Basilone, e alla sentenza del gup Valerio Natale, non ha rispettato le procedure di legge in almeno 400 operazioni di spandiment­o nelle campagne: classifica­zioni errate del rifiuto sui formulari, pesi difformi dalla realtà, false comunicazi­oni alle autorità che rilasciava­no le autorizzaz­ioni per uso agronomico dei fanghi, false analisi dei terreni, irregolari­tà nel carico di mezzi e nei trasporti.

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