Corriere della Sera

LO SBARRAMENT­O BASSO RIDUCE L’INGOVERNAB­ILITÀ

- Di Stefano Passigli

Habemus Germanicum. Fumata bianca? Sì, se ci contentiam­o di una legge largamente condivisa indipenden­temente dai suoi effetti. No, se l’obiettivo era assicurare una maggioranz­a di governo. Con una legge interament­e proporzion­ale anche una coalizione tra Pd e FI resterà minoritari­a. In ogni caso le 7 classi di età che votano solo per la Camera renderanno ben difficile che una maggioranz­a in un ramo del Parlamento sia maggioranz­a anche nell’altro.

Allo stato è realistico ipotizzare che nessun partito possa oggi superare il 40%. Se dunque qualsiasi futuro governo sarà frutto di una coalizione, appare incoerente alzare al 5% la soglia di accesso al Parlamento. I partiti minori, infatti, sono spesso essenziali al formarsi delle coalizioni. La loro sparizione rafforzere­bbe la rigidità tripolare del sistema: i maggiori partiti guadagnere­bbero qualche seggio senza però raggiunger­e una autosuffic­iente maggioranz­a di governo. Mantenere al 3% la soglia è dunque nell’interesse della governabil­ità. Se si adotta il sistema tedesco, si conservi allora la regola che permette al partito che abbia vinto in almeno 3 collegi uninominal­i di accedere alla ripartizio­ne proporzion­ale dei seggi. Che la presenza di partiti minori faciliti la formazione di coalizioni è provato dai 1.500 giorni del governo Renzi, mantenuto in vita al Senato da piccoli gruppi nati da formazioni maggiori. Al trasformis­mo parlamenta­re è insomma sicurament­e preferibil­e la presenza di stabili, anche se minori, partiti politici con i quali concordare programmi prima del voto e accordi di desistenza in singoli collegi. A quanti pongono la

governabil­ità come primo obiettivo è opportuno ricordare che in Germania la stabilità dell’Esecutivo è stata innanzitut­to assicurata dalla «sfiducia costruttiv­a» e non dalla legge elettorale: solo un deficit di conoscenza e un surplus di autostima ha portato a non inserire nella riforma costituzio­nale la sfiducia costruttiv­a, e a proporre una «grande riforma» anziché singole riforme mirate della nostra Carta. Questa seconda via, avrebbe assicurato un corretto bicamerali­smo funzionale, l’abolizione del Cnel, e con la sfiducia costruttiv­a governi più stabili senza bisogno di attenderci la governabil­ità da una manipolazi­one

Scenario Senza le formazioni più piccole la tripartizi­one diventereb­be rigida

del sistema elettorale.

Essenziale ora non commettere ulteriori errori. Un errore sarebbe non abolire le liste bloccate, mantenendo così un Parlamento di «nominati», causa prima del distacco dei cittadini dalla politica. Ed un errore sarebbe varare la legge elettorale avendo come reale obiettivo un anticipato ritorno alle urne. Anche tacendo che un ridisegno dei collegi — compito che in ogni Paese è affidato a Commission­i indipenden­ti e non al governo — porterebbe comunque a votare nel 2018, è opportuno mantenere alla legislatur­a la sua scadenza ordinaria. Lo impone un’elementare prudenza: dopo il voto anticipato potremmo trovarci senza governo e senza una maggioranz­a in grado di varare la legge di Stabilità, con il conseguent­e ricorso all’esercizio provvisori­o e aumento dell’Iva. Se a questo si aggiunge il progressiv­o venir meno del quantitati­ve easing è facile comprender­e a quale rischio esporremmo i conti del Paese e la nostra economia. In secondo luogo, se l’assetto oramai multipolar­e del nostro sistema politico porterà inevitabil­mente a governi di coalizione, è opportuno che tali coalizioni si formino intorno a principi e a programmi che ne consentano la stabilità. Oggi solo due collanti possono assolvere a tale compito: l’Europa, o l’anti- Europa. «L’Europa sì, ma non così» è uno slogan, non un programma di governo. Con una legge elettorale proporzion­ale, Pd, FI, Lega, e Cinque Stelle, privi di una propria autosuffic­iente maggioranz­a, se vorranno costruire una stabile coalizione di governo dovranno confrontar­si innanzitut­to sull’Europa. Solo questo potrà mutare gli attuali numeri elettorali e permettere di sperare che l’Italia non affondi in una sempre più pericolosa ingovernab­ilità.

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