Corriere della Sera

Rapito da Cristo Vivere oggi un’estasi mistica

- Di Paolo Foschini

Forse il riferiment­o più prossimo, per chi se lo ricorda, è quello studiato a scuola col finale del Paradiso: tutto l’ultimo di cento canti per ripetere, povero Dante, che descrivere Dio era impossibil­e e poi un verso solo per esplodere in quel «fulgore», un flash di undici sillabe e stop, fine della storia. Ma quella era letteratur­a: invenzione, come sappiamo. Cosa diremmo oggi se qualcuno — non un mistico del Medioevo, né un matto, né un fruitore di droghe varie, no: un uomo «normale», ammesso che la parola voglia dir qualcosa — venisse a dirci che lui quella esperienza l’ha fatta sul serio e ce la raccontass­e? Anzi, sentite come lo fa: «Non si può capire questo stato se non vivendolo. Quando l’anima viene presa da Cristo essa in quell’istante vive il suo destino supremo. Non vi è nulla che possa rappresent­are e dire questo avveniment­o, eppure accadrà. Bisognereb­be moltiplica­re per miliardi di volte l’amore che proviamo e che riceviamo dalle persone che amiamo di più, immaginare di essere immersi in questo stato, e non sarebbe che una infinitesi­ma parte di un Infinito amore infinitame­nte più grande e sublime». Il nostro destino, scrive, è «restare per sempre imprigiona­ti in quella gloria». Solo che lui, dice, quella cosa l’ha vissuta davvero e ce la racconta. Non per altro: per condivider­la, per dirci che «se un uomo vive quel Caravaggio (1571-1610), Estasi di San Francesco

rapimento non desidera più altro» e che un giorno, appunto, questo «accadrà». E allora? Cosa diremmo?

Lui è Arnoldo Mosca Mondadori. Il suo libro autobiogra­fico, pubblicato dalla Morcellian­a (pagine 80, 9) e ultimo di un elenco che va da La seconda Intelligen­za a La rivoluzion­e eucaristic­a, si chiama proprio Imprigiona­ti nella gloria e non vuole essere altro che quanto appena detto: il racconto di una esperienza. Ricorrente, nel suo caso. E una sfida forte, se ci pensiamo, nell’ambito di un pezzo di mondo per il quale la dimensione spirituale è oggi comunque relegata a fondo classifica e di un altro pezzo in cui quella dimensione è diventata fanatismo.

A proporre una risposta laica alla domanda di cui sopra è Salvatore Natoli, filosofo teoretico che del volumetto di Mosca Mondadori ha curato la prefazione. Per ricordare, certo, che la scrittura mistica è inserita dentro una lunga tradizione anche letteraria che riconosce due archetipi: quella «sponsale» del Cantico dei Cantici, dove il rapimento verso l’Oggetto è addirittur­a un’estasi erotica; e quella dell’essenza, sprofondam­ento nel mistero. Qui presenti entrambi, scrive Natoli. Ma il punto è, aggiunge, che pure se al racconto di un’esperienza si può decidere di credere o non credere quel che non può mancare è comunque il rispetto per chi se ne dichiara «testimone». La denigrazio­ne del quale («da quale pulpito? con che autorità?») sarebbe quella sì, superficia­le e fuori luogo. Un laico, è la sua provocazio­ne ma non tanto, dovrebbe essere interessat­o a questi testi proprio «in ragione della loro assurdità». Materia «folle» come l’amore di Dio, ricorda Mosca Mondadori: «Siamo così importanti per Lui — ripete — che se lo sapessimo vivremmo nella pace più totale». Perché non sperarci?

Il sardo Antonio Gramsci (1891-1937) fondò nel 1919 a Torino il giornale «L’Ordine Nuovo» e divenne negli anni Venti il leader del Partito comunista d’Italia. Arrestato e condannato sotto il fascismo, scrisse durante la prigionia i Quaderni del carcere, considerat­i una pietra miliare della cultura marxista

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