Corriere della Sera

La lezione di Gamba «Il basket di oggi? Nessuno studia più E che guaio Milano»

- Roberto De Ponti

«Non mi posso lamentare».

Ma non ne fanno più come lei?

«È molto difficile. Oggi mancano i presuppost­i».

A quali presuppost­i si riferisce?

«La voglia di mettersi lì a studiare, a confrontar­si con quelli più bravi di te. Ora è tutto più facile. Troppo facile».

Un esempio?

voglio capire a chi posso dare le chiavi della Nazionale». Ventura vorrebbe capire ben altro. Il suo lavoro è apprezzato, ma qualcosa nei meccanismi è cambiato dopo la rielezione di Tavecchio. E il ruolo di Renzo Ulivieri, vice presidente federale con delega

«La pallacanes­tro italiana è cambiata quando sono arrivati gli allenatori americani a insegnare. All’epoca i Rubini, i Garbosi, i Tracuzzi avevano le loro fantasie, le loro intuizioni, ma l’organizzaz­ione in allenament­o è cominciata solo dopo un famoso clinic di 15 giorni tenuto da Lou Carnesecca».

Oggi si studia sui video.

«E non è la stessa cosa. Non potrà mai essere la stessa cosa. Guardi gli allenatori italiani di oggi, tutti bravini, sì, ma senza un vero punto di riferiment­o».

Ettore Messina sta nella Nba...

«Appunto. Sta all’estero. Come Scariolo, come Trinchieri, come Pianigiani».

Lei rimpiange i tempi di Peterson e Bianchini...

«Sa quanti giovani allenatori si sono ispirati a quei due? E prima ancora a Sales, a Zorzi... Sono stati entrambi miei assistenti, sa?».

Evidenteme­nte hanno avuto una buona scuola...

«Una scuola che adesso non esiste più».

Altri tempi. Lei ha vinto l’Europeo 1983 con una Nazionale che è entrata nella storia del nostro basket. Però i giocatori da Nba ce li ha la Nazionale di oggi.

«C’è una differenza sostanzial­e tra quella Nazionale e questa».

Quale?

sul Club Italia, allarga i confini del malessere. «Le parole di Ulivieri mi hanno sorpreso perché raccontano una verità già nota. Non so perché si sia comportato così, forse vuole il suo spazio, di sicuro è arrivato fuori tempo massimo. Con Di Biagio mi ero già messo d’accordo.

«La mia era una squadra. Quella di oggi è un buon gruppo, come sento dire».

È un problema?

«Nel basket non conta il gruppo. Il gruppo è quello che sta all’angolo della strada e aspetta di salire sul pullman per fare il giro della città. Il concetto di squadra è un’altra cosa. Mica conta essere amiconi, conta aiutarsi e collaborar­e in campo, essere aggressivi, coprire i punti deboli dei compagni,

esaltare quelli forti».

Un po’ quello che ha fatto quest’anno Milano...

«Vuole che usi il bastone?».

Anche no. Però che ci spieghi qual è il problema, sì.

«Scelte sbagliate, per esempio. Raduljica è un buon giocatore, ma non adatto al tipo di gioco che aveva in mente Milano. Se vuoi correre, allora ti

serve un altro tipo di centro».

Poi?

«A parte qualche eccezione, giocatori di scarsa personalit­à. E un allenatore che sembra pensare più a se stesso che alla squadra».

Gentile sarebbe servito?

«Gentile, fisicament­e e tecnicamen­te, è un talento assoluto. Il problema è che non ha i

«L’atletismo e la fisicità. Una volta quando salivo sul tram ero il più alto, oggi quando prendo i mezzi pubblici vedo certe pertiche che non finiscono più».

Leggenda Sandro Gamba, 85 anni il 3 giugno, è nella Hall of Fame del basket (Ipp)

Qualcosa che non le piace?

«L’atletismo e la fisicità. Perché spingono a trascurare l’essenza di questo sport, la tecnica e il gioco di squadra».

Ne ha fatta di strada Sandro Gamba da quella mitragliat­a alla mano...

«Eravamo in tempo di guerra, avevo la mano spappolata. Volevano amputarmel­a. Ringrazier­ò sempre quel soldato americano che mi diede un pallone da basket e mi disse: prendilo a schiaffi, vedrai che riacquiste­rai la sensibilit­à della mano. Il consiglio migliore che abbia mai ricevuto».

Talento sprecato Parlano tutti di gruppo ma ciò che conta è la squadra. Gentile? Ha testa e muscoli scollegati

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