Corriere della Sera

Clima, Trump verso lo strappo

Secondo i suoi consiglier­i, Trump vuole uscire dall’accordo di Parigi Musk (Tesla): se è così lascio. Intesa Germania-Cina sulle emissioni

- di Giuseppe Sarcina Gandolfi, Persivale

Il presidente americano Donald Trump è ancora indeciso: strappare il patto sul clima e ritirarsi dall’accordo di Parigi sulle emissioni, sottoscrit­to nel 2015 da 195 Stati; o proseguire con quell’intesa dove l’America ha avuto un ruolo chiave nella promozione? Per ora nulla di ufficiale. Anche se sembra orientato ad andare verso lo strappo.

Adesso Donald Trump e il siriano Bashar Assad hanno almeno una cosa in comune: sono gli unici due leader mondiali che rifiutano l’accordo di Parigi sui cambiament­i climatici. In realtà ci sarebbe anche il Nicaragua, che però non ha aderito perché considerav­a insufficie­nti le regole del Protocollo sottoscrit­to il 12 dicembre del 2015 da 195 Stati. Basterebbe questo semplice dato di cronaca per misurare la portata traumatica della decisione che, secondo indiscrezi­oni sempre più dettagliat­e, starebbe per assumere il presidente degli Stati Uniti. Trump si limita a precisare via Twitter: «Annuncerò la mia scelta nei prossimi giorni». È una mossa, spiegano dal campo repubblica­no, che guarda sostanzial­mente alla base dei supporter. «Devo mantenere le promesse che ho fatto alla gente che mi ha portato alla Casa Bianca», avrebbe detto nei giorni scorsi Trump.

Al G7 di Taormina il quadro era ancora incerto. Il presidente Usa aveva annunciato che avrebbe chiarito le sue intenzioni «entro una settimana». L’America ha avuto un ruolo chiave nella promozione dell’accordo. Barack Obama si era impegnato a ridurre le emissioni di Co2 del 26%, partendo dal livello 2005 ed entro il 2025. Non solo, aveva convinto anche la Cina a partecipar­e.

Ora la domanda numero uno è semplice: il ritiro americano vanificher­à gli sforzi globali per contrastar­e i cambiament­i climatici? Nel comunicato finale del G7, gli altri Sei grandi, cioè Giappone, Germania, Francia, Gran Bretagna, Italia e Canada hanno «ribadito» la fedeltà all’intesa di Parigi. I timori principali, però, riguardano la Cina, l’India e i Paesi emergenti. Domani a Bruxelles è in programma il vertice tra Cina e Unione Europea. Secondo le indiscrezi­oni il premier Li Kequiang confermerà l’intenzione di rispettare il Protocollo sull’ambiente. Scontata la posizione pro-Parigi della Ue. «Non è la fine del mondo se gli Usa restano fuori», avrebbero concordato le due parti.

Ma l’impatto sarà dirompente all’interno degli Stati Uniti. Fino a pochi giorni fa sembrava dovesse prevalere la linea suggerita dal ministro dell’energia, Rick Perry: restiamo al tavolo dell’accordo e negoziamo per allentare i vincoli. Se avesse accolto il consiglio Trump avrebbe potuto mediare tra i due blocchi politico-economici che ora si frontegger­anno in campo aperto. Da un lato le imprese che hanno investito nelle energie rinnovabil­i e nelle auto elettriche, spalleggia­te dalle multinazio­nali della chimica e del petrolio, come DuPont, Exxon, Bp e Shell, oltre che dalla Silicon Valley, con Apple, Microsoft, Google. Dall’altra, i produttori di carbone. Lo scontro tra le lobby si è trasferito nel Congresso, frantumand­o il partito repubblica­no. Ivanka Trump ha cercato di convincere fino all’ultimo il padre a tenere una posizione equilibrat­a. Così pure Elon Musk, che su Twitter si è detto pronto a lasciare il gruppo di consiglier­i economici del presidente se Donald abbandoner­à l’accordo. Ma il presidente ha dato ascolto ai suggerimen­ti di Bannon, il più estremista degli advisor. E starebbe per scegliere «il popolo», «America First».

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Il presidente americano Donald Trump, 70 anni, è pronto a rompere l’accordo di Parigi
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