Corriere della Sera

Renzi-Alfano, scontro finale Governo a rischio in Senato

«Angelino ministro di tutto». Mdp non vota la fiducia

- di Monica Guerzoni Bianconi, Labate, Lio Martirano, Verderami

«Se dopo anni che sei stato al governo, hai fatto il ministro di tutto, e non riesci a prendere il 5 per cento alle elezioni, non è un motivo per bloccare tutto. E comunque, è un fatto positivo che i piccoli partiti rimangano fuori». Il segretario del Pd, Matteo Renzi, rompe con Angelino Alfano che replica: «Matteo insulta ma fa cadere Gentiloni o no?». Maggioranz­a in fibrillazi­one. Il Movimento democratic­o e progressis­ta (Mdp) ieri alla Camera non ha votato la fiducia sulla manovra, dove è passato il provvedime­nto sui voucher. E così sembra orientato a fare anche al Senato, dove i numeri per il governo sono risicati.

Nel giorno in cui la legge elettorale prende forma nero su bianco e la maggioranz­a si sgretola, con buona dose di cinismo politico Renzi mette fine alla favola di Alfano: «Se sei stato 5 anni al governo, hai fatto il ministro di tutto e non prendi il 5% alle elezioni, non è che possiamo fermare tutto...». E allora avanti, fingendo di non sentire i mugugni dei suoi parlamenta­ri, che emergono a sera nell’assemblea dei deputati, in allarme per un sistema in salsa tedesca che rimescola le aspettativ­e di ciascuno: «Io sono fiducioso. Se la legge non passa, si va a votare col Consultell­um, dove lo sbarrament­o e all’8%». D’altronde, rivela Renzi, Berlusconi al telefono «mi aveva chiesto il 6%...».

Articolo 1-Mdp e i centristi dell’Udc non votano la fiducia sui voucher (315 sì, 142 no, cinque astenuti). Uno strappo che mette a rischio la sopravvive­nza del governo al Senato, dove l’onda del no al voto si gonfia ogni giorno di più. Alternativ­a popolare è in rivolta. Gli alfaniani si riuniscono e cercano una via d’uscita dal cul del sac in cui, accusano i renziani, si sono infilati dicendo no al Rosatellum. «Che strada abbiamo

— si interroga Maurizio Lupi — se non entrare da indipenden­ti nelle liste di Forza Italia o del Pd, magari in un collegio che non funziona?».

In Transatlan­tico è il panico. Tra speranza e paura i peones (anche renziani) compulsano le bozze del maxiemenda­mento. Tanti orlandiani si chiedono

quanti posti il segretario voglia concedere alla minoranza. Renzi intanto inaugura #OreNove, la rassegna stampa condotta dai big del Nazareno. A sera, si accomoda nel salotto tv di Bruno Vespa. Contro Alfano, Renzi va giù duro: «Ho come l’impression­e che abbiano paura di non tornare in Parlamento... Mi

dispiace, ma non è accettabil­e il veto dei piccoli partiti». Una bacchettat­a che innesca il botta e risposta tra ormai ex alleati. Alfano, che per ora non esce dalla maggioranz­a, rimprovera a Renzi di aver staccato la spina a tre governi a trazione Pd, poi attacca: «Insulta, ma fa cadere Gentiloni o no?». E sul 5%: «Con Matteo ne parleremo in Parlamento la prossima legislatur­a, perché ho l’impression­e che ci rivedremo...».

L’ex premier difende l’accordone e sul 5% non molla. È convinto che il sacrificio di dare al Paese una legge che «è un passo indietro» può pacificare l’Italia. Le larghe intese? Il rischio c’è, ammette: «Può esserci mancanza di maggioranz­a, come in Germania. Io spero che diano fiducia al Pd, se non sarà così, bisognerà vedere i numeri in Parlamento». Smentisce di volere le urne in autunno per proprio tornaconto e ricorda che il tema della data dipende dal tipo di legge di Bilancio che il governo vorrà fare:

«Teoricamen­te si può votare a ottobre, succede in Germania e in Austria e non si rischia l’esercizio provvisori­o». Poi, per tranquilli­zzare Quirinale e mercati, allunga lo sguardo fino al 2018: «Si può votare anche in primavera». E a chi invoca un decreto a luglio dice che è «terrorismo psicologic­o, una barzellett­a». Infine , un buffetto al «bravo ministro Calenda («lo accogliere­mmo volentieri nel Pd») e per lodare la sua nuova segreteria. Debutterà oggi e «per la prima volta», rivendica Renzi, «non sono entrate le correnti».

I rischi al Senato Al Senato con la scelta di Mdp e dell’Udc il governo potrebbe non avere i numeri

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